R Recensione

8/10

Elliott Smith

New Moon

È una luna nuova a vegliare sullo spirito inquieto di Elliott Smith, del quale è appena uscita questa raccolta di inediti e rarità assortite risalenti al primo periodo solista dell’autore di Portland, dal 1994 al 1997. Elliott Smith non era bello e spendibile nelle copertine delle riviste come Buckley o Cobain, dunque è meglio fugare ogni dubbio sull’onestà dell’operazione.

Questo è un omaggio al talento di un autore prematuramente scomparso, venerato dai colleghi benché non abbia mai raggiunto una grande popolarità, qui fotografato nel periodo migliore della sua carriera, quello di capolavori come “Either or”.

Queste 24 canzoni si configurano come un filo che riannoda la fase in cui Elliott aveva appena lasciato la grunge-band Heatmiser per concentrarsi sulla dimensione acustica. Abbiamo a che fare dunque con un documento sconnesso, con i primi tentativi di raggiungere quello stile che già sul fulminante debutto “Roman candle” del 1994 si mostrò in tutto il suo splendore:accordi desolati in minore incastrati su melodie malate e sussurri sfocati,contorno a un disilluso disastro esistenziale. Sono gli anni della Portland spettrale e tossica degli anni ‘90, richiamata anche in copertina, nei cui labirinti Elliott inseguiva i propri demoni, come immortalato nella celebre “Needle in the Hay”.

I brani qui presenti hanno scarti stilistici minimi, quasi tutti simili agli episodi più celebri di Elliott, ma a chiunque lo abbia amato regalano vertiginose sensazioni. Non mancano infatti momenti in grado di aggiungersi ai classici dell’autore, come l’iniziale “Angel in the snow”, “Talking to Mary”, “Riot coming”, “Half right” o la lennoniana “Going nowhere”: languidi schizzi in cui armonie ruvide e soffici allo steso tempo si intrecciano, come per mostrare i riflessi di un paesaggio interiore vivido e sofferto. Intriganti anche “High tide”, che parte lenta per infiammarsi in un anthemico refrain cobainiano (“High tide / and I feel fine”, con quella commistione di dolore e piacere che era il marchio di fabbrica anche di Kurt ), mentre “Fear City” e “Either or” sono puntellate da atmosferiche tastiere che danno un sapore molto sixties, quasi alla Procol Harum. Svettano anche due pezzi già conosciuti: il tributo al “rock debole” dei Big Star presentato su “Thirteen”, il riconoscimento di una fondamentale influenza e una early version di “Miss Misery”, il brano che proiettò per un attimo Smith nello scenario hollywoodiano, grazie al film “Will Hunting”.

La versione qui presente è decisamente più ruvida e poetica, con un cambiamento nel testo: “ it's a comedy from the 70's /when the lead no one recalls /vanished into oblivion ”, ironizza amaramente Elliott, per poi sospirare “butit's alright some enchanted night, ill be with you. Quanto vorremmo essere lì ad ascoltare ancora le sue storie.

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Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 15 voti.

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Bodhisattva (ha votato 9 questo disco) alle 10:42 del 21 maggio 2007 ha scritto:

Come sempre Junio ci offre un'ottima recensione. Pur non conoscendo l'album da te recensito, credo di potermi fare un'idea del genere e delle qualità dello stesso. Cercherò di procurarmi questo album per poterlo sentire ed eventualmente commentare con cognizione di causa questa tua recensione, per ora - ripeto - ottima.

ozzy(d) alle 13:04 del 21 maggio 2007 ha scritto:

Questo non l'ho ancora sentito. Smith era certamente un grande cantautore, anche se un po' troppo malinconico-depresso per i miei gusti. La sua colonna sonora su "will hunting" era però perfetta.

Marco_Biasio alle 17:09 del 21 maggio 2007 ha scritto:

Piccola intromissione...

Per me le raccolte post-mortem sono la cosa più infima che -Avril Lavigne a parte- il mercato musicale sappia offrire... e questo mi dispiace, perchè Elliott Smith è (anzi, era) un artista che apprezzo moltissimo. Ottima recensione, Junio.

shadowysun (ha votato 10 questo disco) alle 19:36 del 21 maggio 2007 ha scritto:

Questa sì che è una recensione!

Complimenti j con questa recensione sei riuscito in poche righe a descrivere in maniera semplice e misurata cosa ci si debba aspettare dall'ascolto di questa raccolta, fornendo pure quel tanto di info di contorno che non guastano per inquadrare meglio l'album. continua così

Utente non più registrato alle 18:41 del 24 maggio 2007 ha scritto:

Bel disco

Oggi, per la prima volta, ho ascoltato alcuni dei brani contenuti in questo doppio CD: non c’è che dire Elliott Smith era un vero artista. E’ musica genuina, ricca di emozioni: è musica che viene da dentro. Miss Misery mi riporta a Will Hunting e se penso alla trama del film credo che il bravo Gus Van Sant abbia fatto una scelta appropriatissima. Mi chiedo chi sia la Mary di Talking to Mary: è possibile che si tratti di Mother Mary come in Let it be dei Beatles?

E’ un peccato che parecchi artisti siano costretti a faticare per vedere un loro LP esser mandato alle stampe e che MTV li releghi in striminziti spazi lontano dalle ore di maggiore ascolto; bombardandoci, invece, con Gwen Stefani e Britney Spears.

Bella recensione ma soprattutto utile, visto che non conoscevo la musica di Elliott Smith.

boy_with_VU_tee (ha votato 7 questo disco) alle 16:49 del 10 aprile 2008 ha scritto:

La definitiva prova del genio di Smith

Se un album di "scarti" di un artista riesce ad essere il migliore disco dell'anno può significare solo una cosa.