Cesare Basile
Tu Prenditi LAmore Che Vuoi E Non Chiederlo Più
Naturale proseguimento dellottimo omonimo album di due anni fa, con cui vinse la Targa Tenco per il disco in dialetto, il nuovo lavoro di Cesare Basile è ancora più a fuoco del precedente, e dimostra la continua crescita dellartista catanese. Ancora una volta litaliano e il dialetto siciliano si alternano senza confliggere, così come i suoni acustici ed elettrici si compenetrano alla perfezione, e i temi della tradizione popolare incrociano il blues ed il folk. Così è nelliniziale Araziu Stranu, un folk blues scuro che racconta la vicenda di un cantastorie, figura alla quale evidentemente Basile si sente vicino (io ritorno ogni notte di strina, e canto ancora della stessa guerra), così come in Manianti un folk blues dallarrangiamento molto originale fa da sfondo ad una delle tradizioni più conosciute della Sicilia, quella dei pupi. O ancora, la ballata folk di Franchina, che nel finale si trasforma quasi in valzer, per raccontare la storia di un transessuale che si prostituisce e che ha più rispetto e fede nel Signore, dei suoi clienti che pure vanno in chiesa (vi pagate la confessione e un battesimo a settimana, io vi do l'assoluzione con i peccati di una buttana). Franchina è il racconto di una delle figure minori, perdenti ma non vinte, che popolano le canzoni di Basile, una galleria di umanità sfruttata ma non arresa. Come il protagonista della Filastrocca di Jacob detto il ladro, un folk blues a cui i fiati rendono un tocco jazz e un arrangiamento molto particolare, che alla vita da schiavo in fabbrica preferisce quella del ladro che ruba ai Signori (mi faccio ladro piuttosto che essere derubato, meglio in guardina che sangue pesto dell'officina).
Lo sfruttamento del lavoro torna in U chiamanu travagghiu, una dolcissima ballata pianoforte e voce, con un testo splendido (uomini per supplicare, davanti ai cancelli, lo chiamano lavoro, cercarsi un padrone), in cui si condanna senza paura una visione della società data per naturale. Una condanna totale e consapevole, che porta lautore al rifiuto de La vostra misera cambiale, cantata dalla bravissima Lilith (Sono colpevole certamente, sono colpevole di sicuro, com'è colpevole questo tempo, a cui annusate ogni giorno il culo). Testi di una tale forza che per intensità e valore poetico sfiorano i vertici di Fabrizio De André, come nella splendida Tu prenditi lamore che vuoi e non chiederlo più (La carrozza del senato, si trascina coi ruffiani, sulle lapidi lisciate, dal baciamoci le mani). Non da meno Libertà mi fa schifo se alleva miseria dove sono ancora i fiati a regalare colori e suoni originali, per un testo che descrive in maniera lucida e cruda la nostra società (La tua pace è guardiana di antica miseria, è il silenzio in cui pregano governi e banchieri, per profitto dovere sortilegio e rapina, la tua pace a usura per la guerra che arriva).
Il dialetto siciliano è ancora protagonista nel folk acustico Ciuri, veloce e ritmato, dove si tratta di potere, schiavitù e ribellione, nel folk blues A muscatedda con percussioni, violino e laiuto dei F.lli La Strada, e nella conclusiva Di quali notti, una ballata acustica cantata in coro, slow e ritmata, che precede un finale quasi orchestrale che si apre ad una bellissima melodia, quasi a voler stemperare la tensione creata dallascolto del disco, come il sole dopo la tempesta. Una tempesta emotiva, fatta di storie che toccano lanima nel profondo.
Cesare Basile non è solo uno dei migliori cantautori italiani, ma uno dei pochi oggi a poter reggere il confronto con i grandi nomi del genere, dotato di una scrittura fatta di una rabbia decisa ma serena, mai gridata, lirica senza essere fintamente intellettuale, e un linguaggio poetico e popolare insieme. Moderno cantastorie, con un piede nella tradizione e lo sguardo rivolto al presente, Cesare Basile, aiutato da I Caminanti (Manuel Agnelli, Rodrigo DErasmo, Enrico Gabrielli, Massimo Ferrarotto, Luca Recchia) ha fatto di nuovo centro.
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