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R Recensione

7/10

NoN

Sancta Sanctorum

Vi abbiamo già spiegato che i NoN non sono dei pischelli ma degli uomini fatti, finiti e tosti come l'acciaio. Vi abbiamo anche spiegato che la musica dei NoN non è semplicemente rock ma una torsione palindroma di oscurità, nebbia e tensione. A due anni di distanza da "Sacra Massa" aggiungiamo che la musica dei NoN non è più ancorata ai dettami degli anni '90 e dei suoi spigoli metallici ma esegue un passo indietro (e due in avanti) di circa un decennio, quando il nero non era solo nell'umore del susseguirsi delle note ma permeava l'ambiente e diventava un modo di (non) affrontare il vivere. 

Su questo sfondo corvino ricompaiono le sagome di Andrea ZingoniAlvaro BuzzegoliMassimiliano Leggieri, tre sacerdoti incappucciati che interpretano un compatto mantra dark-wave figlio delle perversioni di Bukowski e delle ritmiche di Alan Vega, sebbene capace di concedere spazi alla melodia ("Così Felice" potrebbe trovare spazio nel catalogo degli Interpol, toh) e alla riflessione ("Reti e pareti" è "addirittura" un brano acustico). Il tratto caratteristico della musica dei NoN è però sempre il medesimo, ovvero il senso pervasivo di introspezione e tensione che genera i momenti migliori quando incontra il blues ("Tutto il mondo sotto un sasso") o lascia che sia il basso ostinato a dettare il ritmo di quella che sembra davvero una danza infernale ("La tela del ragno").

Originali e convincenti in un genere che non perdona. NoN è una cosa da poco.

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