The Organ
Thieves
Le band che incidono un disco, magari un ottimo disco, e poi spariscono, dissolvendosi in tante schegge alle quali non riesce più di ritrovare musicalmente un proprio perché, hanno sempre esercitato nella storia della musica un fascino subdolo. Il fascino dei maledetti. Dei destini incompiuti. Di tutte le cose che non hanno il tempo di rovinarsi. Le Organ, cinque ragazze canadesi dannate dalla triade Robert Smith - Morissey - Ian Curtis, sono una di queste band. Dopo un grezzo EP dal suono casalingo (“Sinking Hearts”, 2002), ebbero bisogno di quattro anni e di due rifacimenti per pubblicare il loro debutto (“Grab That Gun”, 2006), a causa di un’ossessiva mania di perfezionismo in fase di registrazione. E ne uscì un gioiello nascosto del movimento revival post punk e new wave che è rimasto il loro unico lavoro.
Nel dicembre 2006, infatti, esce uno scarno comunicato nel sito ufficiale ad annunciare il loro scioglimento. La leader, l’androgina Katie Sketch, oggi modella con qualche passaggio su Vogue nel curriculum, dichiara a una radio canadese: “Le ragioni del nostro break-up sono troppe, non saprei da dove partire”. Pace. Mai più Organ. Mai più quel rozzo hammond sotto una voce profonda e una secca sezione ritmica decorata dall'elettrica.
E invece, a sorpresa, esce questo “Thieves”, fuggevole ma prezioso Ep che contiene sei tracce in parte ripescate dagli archivi e in parte composte durante la brevissima gestazione di un nuovo progetto su lunga distanza mai portato a termine. Sei tracce non nate per condividere lo stesso tetto (e si sente), ma capaci di dire qualcosa in più, e non solo numericamente, rispetto a quanto già si conosceva. Se quindi passa in sordina la già nota “Let The Bells Ring”, fiaccata da una linea melodica troppo appiattita sugli strumenti e senza spessore emotivo, spiccano altri passaggi sorprendentemente inediti.
Ed ecco “Oh What A Feeling”, forse la punta più interessante dell’Ep, divisa tra una prima parte alla Television e una seconda quasi liturgica, tra cori celestiali e un organo più chiesastico del solito: fossero andate in questa direzione immateriale, religiosamente dark, le Organ del secondo disco sarebbero state (letteralmente) da culto. Stupisce, poi, accanto a prove smithsiane più riconoscibili (“Can You Tell Me One Thing”, la tagliente “Fire In The Ocean”), il finale acustico di “Don’t Be Angry”, dove la voce della Sketch si fa per la prima volta dolce, nonostante i temi aspri (“all that I want was here now it’s gone [...] I will die lonely”), da maledettismo curtisiano. Ma non c’è posa, nel tetro claustrofilismo lirico-sonoro delle Organ: “Even In The Night”, in apertura, con i suoi intrecci tra la sezione ritmica e la voce sofferta, lo sta a dimostrare.
È un Ep che aumenta i rimpianti, questo “Thieves”. Mentre le cose che potevano essere e non sono state si accumulano nell’armamentario già di per sé malinconico della band, si spera che qualcosa nasca dai numerosi ma ancora incerti progetti solisti che le singole ragazze hanno intrapreso (Die Cowboy Die, Lovers Love Haters, Mermaids); da quest’ultimo, soprattutto, con protagonista la Sketch, si attendono novità almeno da un anno e mezzo, da quando cioè circola il video di un pezzo (“Say You’re Alive”) da far tremare le ginocchia. Ma il bello (e il brutto) di queste band è che amano nascere tanto quanto morire. Aspettiamo in silenzio, come aspettano i ladri.
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