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8/10

The Raincoats

The Raincoats

Per Kurt Cobain ascoltare i loro dischi era come essere "insieme nella stessa vecchia casa e io dovevo restare immobile altrimenti se si accorgeranno che le guardo dall'alto e, se mi sorprendono, rovino tutto perché è una cosa loro". Come dargli torto.

In effetti le Raincoats, band tutta al femminile nata nel 1976 dall'incontro fra Gina Birch e Ana da Silva, a differenza delle Slits, band a cui spesso vengono accostate e il cui capolavoro Cut uscì nello stesso anno del debutto delle nostre, riuscivano a conquistare il pubblico grazie ad un look che trasmetteva un'immagine di normalità molto lontana dalla trascuratezza ostentata dalla band di Ari Up, la cui batterista Palmolive, tra l'altro, appena lasciate le compagne si unirà alle Raincoats proprio per registrare questo album. Anche da un punto di vista musicale, però, le Raincoats si discostavano dall'approccio selvaggio delle Slits preferendo una proposta più "arty", influenzata per certi versi dai maestri Velvet Underground (il violino di Vicky Aspinall non può, infatti, non ricordare la viola del grande John Cale). 

In questo debutto, però, l'irruenza del punk non manca, ma viene reinterpretata per creare qualcosa di assolutamente originale. Le canzoni di The Raincoats sono, infatti, caratterizzate da strutture per niente immediate, ma oblique con i loro continui cambi di tempo e, per questo, di difficile catalogazione. La strumentazione poi cerca di andare oltre la classica formazione chitarra, basso, batteria del punk con l'aggiunta oltre che del violino anche, ad esempio, del sax nella bellissima Black And White.

Il pezzo che apre l'album Farytale in the Supermarket riesce così a sintetizzare al meglio lo stile della band, mentre la successiva No Side To Fall In è una gemma avant-pop grazie alle strane geometrie vocali. Off Duty Trip, invece, a differenza dei soliti brani delle Raincoats che si focalizzavano più su argomenti intimi e personali, introduce tematiche politiche raccontando di un famoso caso di stupro in cui l'aggressore era stato trattato con benevolenza per non compromettere la sua carriera militare. Il brano forse più bello dell'album è la cover di Lola dei Kinks: come avevano già fatto i Devo con Satisfaction dei Rolling Stones, le Raincoats reinterpretano il brano in maniera assolutamente personale trasformandolo in una vera perla post-punk. The Void è invece introdotta da un violino sinistro e sarà tra l'altro oggetto di una cover delle Hole mentre la conclusiva No Looking è uno strano ma geniale ibrido di punk-folk. 

Le Raincoats continueranno la loro carriera con altri due album molto interessanti, ovvero Odyshape e Moving, ma forse nessuno dei due avrà la freschezza e l'originalità di questo meraviglioso disco che merita sicuramente di essere riscoperto.

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zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 22:50 del 26 aprile 2020 ha scritto:

bravo,bel ripescaggio.

Manci01, autore, alle 11:42 del 27 aprile 2020 ha scritto:

grazie mille

Utente non più registrat alle 13:11 del 27 aprile 2020 ha scritto:

Sì sì, disamina concisa e piacevole. Hai la stoffa del recensore Manci, non mi resta che aspettare le prossime!

Manci01, autore, alle 15:47 del 27 aprile 2020 ha scritto:

grazie Giorgio, spero di non deluderti allora