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R Recensione

7,5/10

Fuzz Orchestra

Uccideteli Tutti! Dio Riconoscerà I Suoi

Giunto a quello che credo sia il trentesimo ascolto del quarto album della Fuzz Orchestra, mi sento come il Bertoncelli d’antan biasi(o)mato da Guccini: pioniere-prete di territori inesplorati, in quanto ammantato dell’aura propria dei cultori di cose sacre, ma, al contempo (= in virtù di questo?), sparacazzate o, quantomeno, incline a farlo. È l’imbarazzo di chi, non nato in tempo per vivere coscientemente i Seventies, si ritrova di fronte un simulacro che lo costringe ad un triplo carpiato all’indietro, con l’aggravante di un’ucronia non anelata: la soddisfazione di chi si prepara a spolpare i tessuti connettivi di un disco con la soddisfazione di Carlo Cracco davanti ad un piccione, salvo poi battere in ritirata nell’accorgersi, in definitiva, che tutto questo non serve, che di tutto questo non c’è bisogno, che per tutto questo non c’è spazio.

Per cui mi chiedo – e, di rimando, vi chiedo: forse che la vera ucronia, lo stridere temporale delle unghie sulla lavagna quadridimensionale, sia il condensare la sostanza pe(n)sante di “Uccideteli Tutti! Dio Riconoscerà I Suoi” nell’ingombro di un tweet, nello spazio di un pensierino, nel rilancio di un post? Cercando di dar forma e sostanza alle distorsioni luciferine della Diavoletto di Luca Ciffo, volto e corporeità alle voci semioticamente ricontestualizzate dal noisepiano di Fabio Ferrario, contesto adeguato alle tentacolari ritmiche di Paolo Mongardi, mi si affollano alla mente stanze buie, fumose, gremite. Crocchi di ragazzi e ragazze in adorazione del sommo piatto, sul quale questi solchi possano essere riprodotti ad libitum, risuonati all’infinità. Non mi figuro l’astrattezza impalpabile e iperreale della società liquida convenire a patti con un full length di tal schiatta: che pure, intendiamoci, si nutre di Idee e di Idealismo (maiuscole d’obbligo), ma con una rigorosa formazione intellettuale, un pragmatismo ed un esasperato anti-dogmatismo del tutto alieno ai contemporanei contenuti liofilizzabili (e a piacimento riassorbibili). In cinque aggettivi, per chi alla sintesi non riesce a rinunciare mai: coraggioso (ma non avanguardistico), complesso (ma non complicato), urticante (ma non autoreferenziale), profondo (ma non criptico), irrisolto (ma non irrisolvibile).

Se il compianto Sabino Acquaviva, contemporaneamente alla riflessione antropologica sviluppatasi in vent’anni di alacre attività pasoliniana, connetteva fra loro tramonto della categoria ontica del “sacro” e spedita industrializzazione della (mai realizzatasi) culla neoborghese italiana, è ad un post-Umanesimo, travagliato ma irrinunciabile, che la Fuzz Orchestra, senza timori, occhieggia. Un Uomo che sappia ritrovare sé stesso e la propria armonia non in un utopico Ordine imperfettamente architettato, ma nel Disordine (leggasi: accettando le regole ataviche del mondo in cui si è trovato ad esistere). In un sapiente cortocircuito sinestetico, a convogliare il messaggio è il Fernando Rey di Pasqualino Settebellezze, nella mini-pièce industriale, à la Throbbing Gristle, de “L'Uomo Nuovo”. Ascesa e purificazione tramite dolore ed artificialità: anche il Tetsuo di Tsukamoto, all’epoca, proclamava a suo modo un simile vangelo laico – e qui si ferma il gioco dei rimandi, per evitare che ne nasca una rilettura moderna de Il facchino e le dame. È questo, aldilà di tutto, che ci preme sottolineare: la riserva metacomunicativa del trio lombardo si sta spostando sul piano del Simbolo – un Simbolo, tuttavia, foraggiato ed alimentato da una costante ricerca controfattuale, un dvoemirie dove senso e proiezione sensibile siano intimamente collegati fra loro. Correttamente, dunque, si individuerà in “Uccideteli Tutti! Dio Riconoscerà I Suoi” il percorso evolutivo delle bombe del primo s/t, delle rivendicazioni rosso sangue di “Comunicato N° 2”, delle rifrazioni doomedeliche di certuni pertugi di “Morire Per La Patria”.

Se tutto questo vi sembra concettuale sino alla masturbazione (non dovrebbe, se vi siete appuntati l’aggettivazione di cui sopra…), aspettate di sentire cosa la Fuzz Orchestra ha in serbo per voi sul versante squisitamente musicale. Il progresso, rispetto al minimalismo degli esordi, è spaventoso: merito (anche) dei favolosi arrangiamenti degli Esecutori di Metallo su Carta, capitanati da Enrico Gabrielli, già sugli scudi per il brillantissimo supporto ad alcuni brani del precedente “Morire Per La Patria” (quei fiati ethio-jazz su “Il Paese Incantato”!). Per capirci: gente che riesce a rendere “Orkotomb” dei MoRkObOt un saggio di chamber music contemporanea. Musicisti preparatissimi ed eclettici, in grado di allargare oltre ogni limite gli orizzonti sonori del power trio. “Born Into This”, con la voce catramosa di Charles Bukowski a declamare una delle sue migliori poesie, ne è un esempio calzante. Il pendolino fuzz, maligno ed essenziale, sul quale posano le fondamenta dell’intero pezzo, è arricchito da ottoni in dissolvenza, tastierine canterburyiane, stacchi angolari di archi: ecco che i Sabbath sfumano negli Henry Cow. “Nel Nome Del Padre” sfodera un’inattesa fascinazione heavy metal: vibrafoni e tromboni con sordina compongono un landscape mariachi (un post-western fulciano, oseremmo dire), lacerato da una ripartenza a spron battuto, una poderosa fucilata che definire letale è rimanere sul vago. Il passo apocalittico di “The Earth Will Weep” diviene parata funeral doom listata a lutto perenne, fra angoscianti rintocchi e panichidy slavo orientali: un “sacro”, finanche appariscente, che sfocia in geremiade rituale (e qui ci sarebbe da citare De Martino…) quando il tono lamentoso della contadina, che interpreta il canto tradizionale abruzzese “Lamento Di Una Vedova” (attenzione: si tratta di una pecora abbandonata dal suo montone e con un agnellino da sfamare!), si confonde nel vortice di fuoco della chitarra di Ciffo, con effetto sbalorditivo.

Al trentesimo ascolto si accennava, inizialmente, e ancora non un attimo di reale stanca, non un secondo superfluo: probabilmente Bertoncelli, nell’ascoltare i capolavori “politici” (virgolettato = a tutto tondo) degli anni ’70, provava lo stesso smarrimento estatico cui il sottoscritto, oggi, si sottomette docilmente. Al ritmo della processione stordente che il sublime Mastroianni di Todo Modo impone, nell’omonimo brano, alle marionette democristiane, si intende…

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motek 7/10

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