R Recensione

8/10

FKA twigs

M3LL155X EP

- L'Ep

Quando si dice un'artista che non butta via nemmeno un secondo di musica. Il terzo Ep di twigs/Tahliah Barnett è semplicemente, brutalmente essenziale, al pari dei due che l'hanno preceduto e del “lungometraggio” “LP1”, che ne ha consacrato il talento tanto presso il pubblico hipster (nessuno è perfetto, ahimè) quanto entro l'ancora più folto corpus di ascoltatori a cui di queste prezzature da supermarket interessa assai relativamente. M3LL155X” (da pronunciarsi “Melissa”) scava, in neanche diciannove minuti, un solco ancora più profondo e disturbante nelle carni già dilaniate del materiale percedente, proprio come “Portishead” procedeva verticalmente nell'estremizzazione dell'umore di “Dummy”. Prima di essere crocifisso per il paragone azzardato, fatemi dire che non cessa di stupirmi l'approssimazione con la quale si discute il legame che unisce idealmente/sonicamente il trip-hop che fu e questa “nuova” stagione avant-r&b, specie quando quest'ultima si materializza nei suoi tratti più estremi. Saranno mutate le tecnologie e i contesti, ma il nocciolo resta quello di partire da una manifestazione (allora era l'hip-hop, oggi il contemporary r&b) per poi ripensarne le dinamiche interne, sperimentare su texture e incastri vocali (vedasi la tecnologia digitale con cui manipolare il pitch dei vocals), virare verso atmosfere oscure quando non sepolcrali.

Aiutata stavolta da Boots (la mente dietro l'album experimental di Beyoncé, l'omonimo del 2013), twigs si conferma l'erede più meritevole di quel modus operandi nonché, assieme a James Blake, la vera anima anticonformista del “nuovo corso” (secondo alcuni già col fiato corto, ma staremo a vedere). Come sempre, il co-produttore di turno fa' sentire il proprio tocco solo se, e nei limiti in cui, questo s'incastoni senza forzature nella poetica della Barnett (persino Epworth suonava quasi irriconoscibile su Pendulum): ad esempio il beat asincrono e i bassi di Figure 8 complementano un disegno melodico minimal 100% twigs, dagli accenti sempre mutevoli (voce pulita, rap necromantico, una specie di growl), con tanto di sciabordate noise e apertura di synth a metà tra l'angelico e il degradato. L'enfasi sull'elemento glitch non è mai stata così marcata, sebbene il processo di decostruzione delle scenografie sonore di rado intacchi la struttura della canzone (lo stesso accadeva in “LP1”, checché ne dicano i maligni o, molto più semplicemente, coloro i quali l'hanno ascoltato in maniera sbrigativa). Quando ciò si manifesta, tipo nelle successive I'm Your Doll e In Time, è il middle eight a beccarsi la colpa, essendo della “impalcatura” il vero elemento destabilizzante.

I'm Your Doll reclama un posto d'onore tra i vertici di tutta la produzione di twigs: strofa perfetta nella quale è ricompreso, nei due ultimi versi, un pre-chorus di rara potenza, anticamera dell'esplosione industrial-rock che contraddistingue tutta la sezione finale. In Time, dal canto suo, resta altro gioiello di melodismo, dolcezza costretta in sbarre al silicio, accenni ragga perfettamente mimetizzati sottopelle. La già classica Glass & Patron (il pezzo più vecchio, risalente a Marzo), suona aliena in ogni senso, come se l'Aphex Twin dei tardi '90s estrapolasse pochi secondi da Vogue (Madonna), accelerasse appena i bpm, e su questi costruisse una mini-sinfonia di elettronica sperimentale dalle mille e passa sottigliezze. A chiudere, Mothercreep: enigmatica nelle liriche, sospesa tra il rantolio della base e il canto per una volta quasi speranzoso, uno sciame di basse e alte frequenze dove l'umanità - non si capisce quanto deviata - trova comunque il suo spazio.

Lei, twigs, il suo spazio se l'è conquistato coi fatti e continua a darcene prova, ampliando e mutando di volta in volta una linguaggio che, al netto degli imput esterni e dei fitti interscambi con la scena UK Bass, rimane solo suo. M3LL155X” resta ad oggi il lavoro più “estremo”: magari non genre-defying come certe cose del recente passato, ma percorso da un senso di tragicità imminente (oserei dire industrial) come mai prima d'ora. Chi, come il sottoscritto, temeva un repentino avvicinamento al mainstream (e non perchè io detesti il mainstream in quanto tale, anzi...), può tirare un sospiro di sollievo.

- Il video

Altra cosa fica che senz'altro già conoscerete di M3LL155X” è il video di sedici minuti che l'accompagna, realizzato dando sfogo alla passione per la cinepresa e per la performance art che da sempre anima twigs (il video è diretto da lei stessa). Vogliamo spenderci due parole? Spendiamole.

In apertura un'attempata Michèle Lamy è Tiresia ornato e vanitoso, inusuale rana pescatrice ad aprire la danza per una fecondazione sempre più bramata (“Teach me how to lead with my middle finger / Boys growing boys growing girls into women / Teach me how to live life like I'm not a singer”) ed infine raggiunta nel momento in cui egli/ella ingoia il bulbo luminoso penzolante dall'illicio (“Something happened, just above me / I've a baby inside / But I won't give birth till you insert yourself inside of me”). Questo primo quadro in sostanza è un prologo, tutto simbolismi e allegorie, al “fattaccio” del secondo: FKA è bambola gonfiabile stuprata dal bontempone di turno, che al termine ritroviamo sgonfiata/prosciugata. Il terzo pannello In Time ingloba, in uno scenario future come potevano esserli quelli scelti per i video delle ultime TLC, il pancione di twigs, una presenza maschile lontana quando non schifata dalla maternità (“I won't be lonely / And you won't be silent / And we will be dancing / The way that we're wanting each other to be / If you could commit to / Making me happy / And stay with me in this / Stay with me in this”), balletti a trio “lynchianamente” coerenti al contesto (“I be feeling the same in the club, in the rave”), e infine la rottura delle acque sotto forma di vernici dai toni vivaci che colano, mischiandosi in “foot-paintings” alla Pollock. Glass & Patron è il parto vero e proprio, una scia di ballerini avvolti in teli colorati, epitome di “Melissa” (così appunto twigs definisce la sua energia vitale) che guida l'artista e la giovane donna. Grossa pecca l'aver trascurato Mothercreep: tra i brani dell'Ep forse quello che più necessitava di integrazioni visuali e “aiutini”.

Inizialmente da me accolto con scetticismo (non per niente diversi video di FKA restano interlocutori, ad essere magnanimi), a una seconda visione il progetto ha mostrato più di un motivo di interesse. In primis le atmosfere a metà tra Matthew Barney e Jonathan Glazer (il cui Under The Skin si candida prepotentemente a film del decennio), e in seconda battuta le peculiarità di una storyline la quale, aldilà di evidenti richiami all'atto creativo ("an aggressive statement conceptualising the process of feeling pregnant with pain, birthing creativity and liberation") individua di nuovo nel corpo femminile il campo di battaglia privilegiato su cui instaurare un dibattito (forse ridondante, è possibile...), e lo fa' parlando un linguaggio non privo di fascino per il mitologico, per l'assurdo, per il surreale. Anche questo merita rispetto.

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 4 voti.
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Cas 7,5/10
zebra 6/10

C Commenti

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nebraska82 alle 13:19 del primo settembre 2015 ha scritto:

con lei non si esce a capire dove finisce l'hype e dove inizia la qualità, il disco dell'anno scorso mi aveva lasciato un po' perplesso, nonostante alcuni spunti interessanti.

LucaJoker19 alle 13:38 del primo settembre 2015 ha scritto:

invece per me era stupendo ! sono curioso di sentire questo

unknown alle 0:17 del 5 settembre 2015 ha scritto:

probabilmente ..non è la mia tazza di te ...ma questo disco lo trovo peggio di lp1......che era davvero bruttino

ho provato a riascoltarla ....io non mi arrendo mai ai primi ascolti ....qui mi son dovuto arrendere

Cas (ha votato 7,5 questo disco) alle 10:57 del 6 settembre 2015 ha scritto:

La produzione video della twigs mi appassiona molto meno di quella sonora. Certo, resta stupefacente il numero di visualizzazioni di un video tanto lungo e tanto ardito, segno -importante- del richiamo generato dalla Barnett. Richiamo che sembra crescere con l'approfondimento sonico e con l'acuirsi sperimentale di FKA twigs (un buon segno nelle aspettative/pretese degli ascoltatori?), che qui sforna un lavoro davvero serrato -mai così ossessiva nelle intelaiature ritmiche- e per niente easy listening (nonostante rimanga la capacità di innestare orecchiabilissime melodie pop-r'n'b entro cornici altamente inusuali: si prendano "Glass & Patron" e "Mothercreep").

Se questo è hype, viva l'hype!

Sor90 alle 19:11 del 7 settembre 2015 ha scritto:

La preferivo in LP1, specialmente negli episodi più "dolci", dove davvero si aprivano nuovi orizzonti musicali. Qui mi sembra ci sia ricerca, più che proposta e va bene. Mi stanno piacendo "I'm Your Doll" e "Glass & Patron", con quella parte in cui si lascia un po' più andare ad un elettro/hip-hop dal retrogusto tamarro (per i suoi standard).

zebra (ha votato 6 questo disco) alle 1:02 del 10 settembre 2015 ha scritto:

Decisamente sopravvalutata.

zebra (ha votato 6 questo disco) alle 1:02 del 10 settembre 2015 ha scritto:

Decisamente sopravvalutata.

zebra (ha votato 6 questo disco) alle 1:02 del 10 settembre 2015 ha scritto:

Decisamente sopravvalutata.