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R Recensione

7/10

Karen Elson

The Ghost Who Walks

Più raccomandato di lei, nel mondo della musica, c’è solo Jakob Dylan, eppure Karen Elson, la moglie del tuttofare onnipresente ubiquo tentacolare Jack White, debutta con un disco che non solo si fa ascoltare (con un produttore così...) ma che offre anche qualche spunto interessante. E lo offre, in particolare, quando la diafana Elson interpreta il fantasma di se stessa, come nella bellissima copertina: uno spettro che cammina su sfondi molto Edgar Allan Poe tra i simulacri di Nick Cave e Cat Power (con cui ha collaborato, peraltro, in un album tributo a Gainsbourg), tra ‘murder ballads’ venate di tinte cabarettistiche e cantautorato glassato di décadence.

Sotto una luna rosso fuoco come la capigliatura della Elson, allora, ci si fa facilmente ipnotizzare dalle sinuosità per organo di “The Ghost Who Walks” o dagli espliciti richiami cave-iani di “Stolen Roses”, con le spire della fisarmonica che quasi la aiutano a vincere il confronto con la Elisa Day di Kylie Minogue. Il fantasma cammina, poi, tra inquietanti dimore ottocentesche piene di ninnoli e vecchi carillon (“Pretty Babies”), tra arredamenti da antique-shop e piani polverosi che piacerebbero ai Dresden Dolls (“100 Years From Now”), e violoncelli gotici che trasudano leggende perdute (“Mouths To Feed”). Si gioca con cliché un po' retrò-dark e un po' gothic-lolita, sì. Ma con stile.

Dove, poi, le radici country-rock emergono con più vigore, la ragazza arriva persino, a tratti, a superare il marito-maestro sul suo terreno: la ghignante “The Truth Is In The Dirt”, per dire, riesce dove i Dead Weather non hanno propriamente convinto. È il ruolo della folk-singer pastorale, invece, a non calzarle granché (“The Last Laugh”, “A Thief At My Door”; meglio il ¾ da sagra paesana di “Cruel Summer”): la voce della Elson riesce meglio su tinte scure, come nel funzionale overdubbing di “Garden” (Shannon Wright?), tra echi e ricami di fisarmonica e steel guitar.

E così quello che poteva essere un puzzoso ed evitabile affare di famiglia diventa un disco godibilissimo. Jack White qualche album lo può anche sbagliare, ma la moglie se l’è scelta bene: come si poteva metterlo in dubbio?

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

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salvatore alle 14:56 del 16 ottobre 2010 ha scritto:

Bella da far paura, la Elson che conoscevo (musicalmente) solo per via della cover di Gainsbourg. Certo che vedere lei e Cat Power cantare live Je t'aime (moi non plus) potrebbe essere un 'esperienza di quelle che non si dimenticano. Ascolterò di certo l'album che sembra interessante. Bella segnalazione Fra'!

jackforjack (ha votato 8 questo disco) alle 21:36 del 16 ottobre 2010 ha scritto:

dischetto uscito mesi fa, ascoltato in tutto una decina di volte, mi è garbato assai, si è creata un suo sound fatto di ballate gotiche da luna park decadente. gli do un bell'8 perchè è la sua prima prova, e anche se aiutata dal marito ha fatto un gran bel lavoro.

tarantula (ha votato 7 questo disco) alle 8:47 del 28 ottobre 2010 ha scritto:

Mmh! Mi lascia alquanto perplesso questo album. Parte molto bene, ma non regge. Rispetto a Cat Power, manca quella forte carica emotiva ed in confronto a Shannon Wright è la personalità dei brani a latitare. Sembra un lavoro con un'atmosfera studiata, lì dove King Ink ti fa provare a livello di epidermide l'ambiente creando un'emozione reale: dunque, un paragone appare persino improponibile. Un pò di sana passione sgorga da "In Trouble With the Lord" forse perché si trova in lidi a lei più familiari. Insomma, un buon ascolto che non creerà, tuttavia, grossi sconquassi nel nostro cuore.