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R Recensione

7,5/10

Frank Sinutre

Musique pour les poissons

Dietro il progetto Frank Sinutre c’è la mente di Michele Menghini, artista tuttofare trapiantato in provincia di Mantova, impegnato in passato in altre formazioni più o meno rock, più o meno electro, dai Segnali Caotici ad Eddi Mnemonic, dai Bianconiglio ai People Of The Sun. A Menghini piace suonare la batteria e la chitarra ma non disdegna l’amicizia delle macchine digitali, come dimostra in questo succulento secondo disco (dopo “La colpa della leonessa”) prodotto assieme ad Isacco Pavanelli, altro reboante geniaccio che gli strumenti se li costruisce da sé. Quest’ultimo suona infatti il ReactaBox (controller midi dotato di webcam ad infrarossi) e una drum machine acustica che sfrutta il famoso hardware Arduino, dando al disco un’impronta personalissima e anticonvenzionale.

Musique pour les poissons” è un lavoro per i pesci, ovvero per chi vive sott’acqua, annegato dai problemi quotidiani, o per chi vive in un’acquario, in una bolla d’aria, beatamente ritiratosi dallo sfacelo del mondo esterno.

In un mix di dub, lounge ed elettronica, i Frank Sinutre confezionano undici brani perfetti per un reading letterario 2.0, fornendo tuttavia una più spensierata interpretazione degli stilemi kraftwerkiani. Si comincia da “Clock never stops”, sorta di rivisitazione ludica di “Rock around the clock” (1979) dei belgi Telex, che a sua volta era già un divertissement dell’omonima canzone di Bill Haley (1956). La successiva “Someone’s dub” è un ballo di omini Lego, in un pinzimonio dub degno dei primi Thievery Corporation. Il vocoder la fa da padrone, con ripartenze ritmiche che rendono travolgente il decorso del brano. Il ritmo in 4/4 si fa ancor più pressante in “Oye como va” per destarsi nella bellissima “Passa”, un brano glo-fi sognante ed evocativo che parla di filosofia spicciola, l’unica filosofia che conti davvero qualcosa.

Altrettanto sognante è la title-track, con effetti sonori acquatici che creano un mood di relax totale: la cadenza ritmica del trip hop e i synth filtrati del chillout vanno qui a braccetto in un fidanzamento di tenui contrasti elettronici. La distensione dei marosi prosegue nell’ambient di “Two sea minutes” per poi sfociare all’improvviso in “Life is just waiting for a big party”, l’unico pezzo del disco ascrivibile al post-rock. È proprio qui che la formazione rockettara (AC/DC su tutti) di Menghini viene a maturare, anche se il prodotto finale è più simile ai Notwist che non agli Slint.

Dopo l’acidità di “I am going to do nothing” arriva la bonaria “Please visit Sermide”, sarcastico invito allo sprovveduto turista che dovesse accidentalmente trovarsi a scondinzolare per la Bassa padana. In pieno stile Offlaga Disco Pax la successiva “Iolanda Pini”, storia di un’anziana signora che viveva in una casa di riposo al tempo in cui Menghini faceva l’obiettore di coscienza e che alla domanda: «Iole quanti anni hai?», rispondeva: «Li ho tutti». Sullo stesso binario corre l’ultima “Una possibile storia su Dio”, toccante racconto di un illuminato insegnante di religione che aveva compreso appieno lo spiritualismo.

Oltre al disco è possibile acquistare anche “Racconti per pesci del mare d’aria”, un diario di bordo firmato Michele K. Menghinez in cui si parla di infanzia, di cose che fanno ridere e di cose che fanno piangere, di vita trascorsa, di nonni e di preti, di maestri e di amici. Il tutto con lo stile, oramai definito, di Menghini, uno che mette in musica tutto quello che gli capita. Se volessimo analizzare disco e libro con la lente della sociologia troveremmo molte complementarietà col lavoro di Vasco Brondi. Abdicando al cantautorato e agli inutili orpelli, Menghini e Pavanelli parlano di contratti a tempo determinato, di immigrati, sbornie colossali, ignavia e decadenza. Con la differenza che i Frank Sinutre un sorriso, ogni tanto, ce lo strappano.

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 2 voti.
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