R Recensione

7/10

Dimartino

Cara Maestra Abbiamo Perso

Alla faccia di chi sostiene la canzone d’autore essere ormai irrimediabilmente logora e finita, ecco arrivare sui nostri lettori CD, dopo i due capolavori di Le Luci della Centrale Elettrica e Farabrutto, l’esordio del siciliano Dimartino. Un disco intenso, che riprende quarant’anni di canzone d’autore aggiornandola ai nostri tempi.

A partire dal titolo splendido (che riprende forse quel famoso Cara maestra di Luigi Tenco) al modo di cantare, che a volte ricorda il grande Rino Gaetano, dalla citazione esplicita di Capossela alla presenza dello stesso Vasco Brondi  (Le Luci della Centrale Elettrica), passando per Pasolini e gli anni ’70, in queste nove canzoni c’è materiale sufficiente a dimostrare la maturità di Antonio Di Martino.  

Maturità che arriva a seguito della lunga militanza nei palermitani Famelika, e che diventa uno dei temi centrali del disco, con la conseguente perdita dell’innocenza adolescenziale, ed un vago senso di inadeguatezza all’età adulta di una generazione in cerca della propria anima. .

E proprio da questa ricerca parte il disco, con Cercasi anima, un intro piano e voce (voce molto debitrice di Rino Gaetano) a cui segue l’ingresso della band al completo, per un brano dal ritmo sostenuto e un grande testo (cercasi anima persa in supermarket, sabato mattina alle 9,30 mentre tutti volevano approfittare, dell’offerta commerciale) che racconta i luoghi della spersonalizzazione della società contemporanea (centri commerciali, code sulle tangenziali, archivi comunali). Grande intro, ottima la musica. Un gran bel biglietto da visita.

L’altro brano centrale del disco è Parto, con la collaborazione de Le luci della centrale elettrica, in cui torna la visione della nostra società post industriale (già nella poetica di Vasco Brondi) e la disillusione del lavoro certo, a tempo indeterminato (non eri tu che mi parlavi di una città del nord, dove le fabbriche producono lavoro, e si inventano nuovi operai, che non licenziano mai).   

A questi due veri piccoli capolavori, per intensità dei testi, della musica, e dell’interpretazione, fa da contorno una serie di brani che colpiscono per originalità e semplicità. Da Ho sparato a Vinicio Capossela, con tanto di citazione da Orfani ora di Vinicio, un brano lento e intenso, con un cantato che alterna il sottovoce al quasi urlato, a 999, con il suo intro voce e piano, lento, e la voce che sale nel ritornello quasi stonata, alla Rino Gaetano. Paragone che ritorna in Cambio idea, ancora un intro voce e piano, una bella melodia, una musica che cresce allo scorrere del brano e Rino Gaetano come fonte d’ispirazione.

L’altra fonte di ispirazione, apertamente dichiarata, di Dimartino è Luigi Tenco. Non solo per il brano che titola il disco, Cara maestra, con il suo testo splendido, su una generazione che ha perso, quella degli anni ’70 (cara maestra, abbiamo perso tutte le occasioni e adesso, siamo carte senza identità), ma anche per la cover de La ballata della moda, eseguita in versione alla Nick Cave, con toni duri, scarni, quasi dark. Un brano ironico, una satira sociale sul tema della moda, che seppur scritta più di 40 anni fa, mantiene intatta tutta la sua carica dissacrante di sconcertante attualità.

Arrangiato dal conterraneo Casere Basile (uno dei giganti della nuova canzone d’autore italiana, la cui bravura inspiegabilmente non è ancora stata riconosciuta per quanto merita), e mixato alle Officine Meccaniche di Mauro Pagani (lo studio di registrazione da cui pasa il meglio delle produzioni italiane), Cara maestra abbiamo perso è la perfetta rappresentazione dello stato dell’arte della canzone italiana, quella che sta fuori dal Festival di Sanremo, ma a cui potrebbe pure partecipare, senza per questo perdere un grammo della sua dignità e del suo valore.   

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 2 voti.
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