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R Recensione

7,5/10

Don Antonio

La bella stagione

Don Antonio, pseudonimo di Antonio Gramentieri, è un musicista romagnolo. Il nome Don Antonio, dal respiro liturgico e reverenziale, in realtà non ha nessun riferimento religioso, bensì fa riferimento all’accezione ispanica del termine: Don è colui che rappresenta per la comunità una figura di riferimento e, al contempo, verso la quale si è timorati. La terra, la comunità rimangono con La bella stagione, essendo quella di Gramentieri una musica che mescola le tradizioni musicali dei luoghi di cui è autoctono con un afflato internazionale.

Nei giorni del lockdown Antonio registra un album live assieme a Vince Vallicelli, valentissimo batterista, The Lockdown Blues, nato il primo maggio del 2020, per ribadire come quello dei musicisti e degli artisti dello spettacolo sia un lavoro vero e proprio, anche in tempo di covid. Sul covid Antonio si è espresso chiaramente: “il Covid ha acuito le differenze sociali, ha riaperto divaricazioni tra classi sociali che non si avvertivano da decenni, ha fatto in modo che si decidesse in modo arbitrario quali fossero i mestieri e le occupazioni degni di continuare e quali le classi sociali da mandare al macello”. E ancora: “ha tirato fuori il peggio [il covid] delle persone e della società”.

La bella stagione è il primo album di Don Antonio in lingua italiana. Un disco ben costruito, con un’attenzione specifica alla narrazione poetica affidata alla voce intima e nitida di Gramentieri - sospesa, un aggettivo che il musicista sembra amare molto e che inserisce tra le prime battute di Acceso, un po’ per il senso di segretezza che fa trasparire, un po’ per il gioco di sibilanti, che suonano come un fiato leggero, meditabondo. Ma c’è il blues, c’è il folk, c’è l’America, a partire dalla Nashville in cui il disco è stato registrato. Ci sono brani ballabili come Batticuore, il cui andamento ricorda quasi un brano di Battiato, ci sono brani piu synth pop come Ponente, il cui synth ci ricorda un brano di metà ’80 di cui abbiamo dimenticato il nome, c’è l’elettronica più ruvida e la voce recitativa di Lo stesso, c’è il pop di Capiscimi. Ma soprattutto c’è il senso delle pause, del tempo e delle cose perse, di un oggetto che non si riesce ad afferrare. C’è in altre parole il tempo, il “tempo perduto, il tempo trovato”.

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