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R Recensione

8,5/10

Sarah Louise

Deeper Woods

Sarah Louise (nome di battesimo: Sarah Henson) non è esattamente una new entry nel roster sempre tanto variegato quanto mai banale della Thrill Jockey Records di Chicago. L'anno scorso l'etichetta aveva infatti pubblicato il disco eponimo del progetto House And Land che Sarah condivide con Sally Anne Morgan (già collaboratrice di Black Twig Pickers e Steve Gunn), facendoci scoprire questa artista che, con questo suo terzo LP, si apre finalmente a un'audience più vasta, mostrando una rara bravura sia sul piano delle interpretrazioni vocali che della scrittura. Senza considerare la qualità delle musiche e degli arrangiamenti, che scavano a fondo nel patrimonio storico musicale ereditato dalle isole di sua maestà la regina e si fonde poi con la storia della musica folk americana, a partire dalle esperienze più significative degli anni sessanta.

Deeper Woods” (uscito appunto su Thrill Jockey Records lo scorso 11 maggio) ci immerge letteralmente - sin dalle prime battute di “Bowman's Root”, la traccia di apertura del disco - nelle foreste verdi della North Carolina dove Sarah è nata e vive ancora oggi. Se chiudiamo gli occhi ci sembra quasi di essere lì e di sentire tutto intorno quei profumi tipici delle foreste di latifoglie, circondati da imperiosi abeti rossi tipici degli Appalachi. La tradizione musicale popolare ha chiaramente condizionato Sarah, unitamente a quelle che sono le sfumature della psichedelia anni sessanta e esperienze fondamentali come il primitivismo americano. Non è secondaria, del resto, la collaborazione con musicisti come Jason Meagher (che suona il basso in “When Winter Turns”) e il batterista Thom Nguyen (“Bowman's Root”, “When Winter Turns”, “Up On The Ridge”) mentre il violoncello di Emmalee Hunnicutt contribuisce sicuramente ad arricchire quelle atmosfere più oscure e conferire una certa profondità, anche sul piano propriamente dimensionale, in “Up On The Ridge” e “On Nights When I Can't Sleep”. Ma questo non significa sottovalutare le qualità di Sarah che, oltre ad essere assolutamente performante sul piano delle estensioni vocali, dimostrando anche una certa duttilità nell'uso della voce proprio come se fosse uno strumento (la spettacolare “Fire Pink and Milkweed è praticamente interamente costruita solo sulla sua voce), si rivela infatti anche una musicista brava come poche, specializzatasi in particolare nell'uso della chitarra a dodici corde.

Allo stesso modo sarebbe ingiusto collocare questo disco solo in una dimensione naturalista. Louise, che non rinnega sicuramente il suo contatto con la natura e in particolare con quella che è la sua terra natia, è una donna perfettamente immersa nel suo tempo, femminista, impegnata e che nelle sue canzoni tratteggia ritratti complessi tanto di quelli che si possono definire paesaggi quanto di donne e con una capacità quasi pittorica con colori vividi e inensi. Se il disco pubblicato lo scorso anno in collaborazione con Sally Anne Morgan aveva già colpito nel segno, questo qui non è solo una conferma, ma la certezza di essere davanti a un'artista molto importante e da cui, a questo punto, ci possiamo aspettare solo grandi cose.

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