The Verve
Forth
Handle with care, maneggiare con cura, questo avrebbero dovuto aggiungere sulla copertina. Forth, il quarto album dei Verve, è un disco che forse per molti poco aggiunge alla storia del gruppo di Ashcroft, ma che sfugge a giudizi facili e a facili ascolti. I pezzi, in puro stile Verve, sono lunghi, probabilmente prolissi in alcuni casi, certamente richiedono calma e pazienza.
Una volta trovate questa calma e questa pazienza si arriva a “sentire” che il disco è intelligente e la produzione raffinata (i suoni rimandano ad ambienti eterei, proprio come le nuvole della copertina).
In mezzo a brani lenti e riflessivi, con battute vuote e con ampi respiri (I Sit And Wonder, I See Houses, Appalachian Springs) c'è posto per brani più veloci (Love Is Noise, Noise Epic) dove le chitarre distorte e spaziali di Nick McCabe rifiniscono e accompagnano la melodia. Ovunque i giri di basso dialogano con la batteria, le tastiere fanno da sfondo, mentre la voce svetta come in cima ad una montagna (Numbness, Chic Dub).
Il disco pare raggiungere le vette più alte con i pezzi in mid-tempo: Rather Be (limpida e cristallina) e Valium Skies (pulita e armoniosa) sono cugine di primo grado della Lucky Man di Urban Hymns.
Per carità: la struttura delle canzoni è la solita che la band di Wigan da sempre utilizza, senza particolari variazioni armoniche e con sporadici cambi di ritmo. Ma la sapiente combinazione di melodia e psichedelia (unite a abili jam session) è il valore aggiunto di questo album.
I testi, in sintonia con la musica, sono venati da una certa angoscia (“Now I' m falling into the black hole and I can barely feel the sun”, I Sit And Wonder) e dall’insoddisfatto desiderio di trovare risposte (“Does anybody know where we really gonna go”, Appalchian Springs). Insomma il rasserenante squarcio di cielo della copertina assomiglia ad uno stato anelato ma ancora non raggiunto. Peraltro il disco non “suona” come pessimistico, i Verve sono alla ricerca, non si lasciano attanagliare dal vuoto e sanno dove vogliono stare e qual è il posto migliore: “But i’d rather be here than be anywhere, is there anywhere better than here”.
I Verve, questa è la cosa davvero incoraggiante, si presentano ancora come un vero gruppo, capaci di creazioni raffinate, ricchi di idee, mai banali.
Forth non è un capolavoro, non strizza l’occhio a nessuno e non pare fatto con l’esplicita volontà di scalare classifiche. È un’opera di onesti e capaci musicisti, un album da scoprire, ascolto dopo ascolto, senza fretta, con grande calma, come fosse un'immersione. Senza paura di affogare. Si può sempre tornare su, respirare ed uscire. Forth è un lago, a volte troppo tranquillo, ma avvolto da un intrigante mistero.
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