Massimo Martellotta
One Man Sessions, Volume 1: Sintesi
Senza timore di far torto a qualcuno riconoscerò che, dei quattro membri on stage dei Calibro 35, Massimo Martellotta è di gran lunga il più posato e popolare, il meno appariscente: lautore misconosciuto di jingle e musiche su commissione, lonesto artigiano che scrive ed esegue impeccabilmente per sé e per conto terzi, egualmente lontano dalle bizzarrie e dai colpi di genio (quali quelli, ad esempio, del collega Gabrielli). Polistrumentista e firma dei successi più solidi della band sì, ma con discrezione, senza dare nellocchio. Così, se non avessi recentemente sentito dal vivo lo speciale trattamento riservato al bordone dapertura di Modo, uno dei pezzi più felici e trascinanti dello splendido Decade, non avrei mai potuto sospettare che qualcosa stesse bollendo in pentola. Eppure, quelle derive sintetiche, quellattrazione verso la ripetizione ritmica Era palese che gatta ci covasse. Quello che nessuno avrebbe mai potuto indovinare era la dimensione della covata: un parto plurigemellare, alla maniera dei grandi compositori degli anni 60 e 70, dai quali Martellotta mutua anche una certa ritualità concettuale (cinque sessions complessive, ognuna vincolata a e da un tema specifico: in altri tempi avremmo parlato di library).
Sintesi, primo capitolo dellopera, è un disco prezioso sotto molti punti di vista. In prima battuta, per come e quando è stato concepito: in una giornata di libera improvvisazione agli One Man Studio, con a disposizione solo sintetizzatori analogici e digitali. In secondo luogo, per lapprofondimento di un lato poco conosciuto dellautore Martellotta: il musicista infatuato non di tutta lelettronica, ma di una sua particolare declinazione, quella cinematografica (le antenne di molti si saranno già rizzate ). Infine, perché ci permette di capire quanto artisti apparentemente circoscrivibili ad altri territori come, appunto, il Martellotta pop art dei Calibro 35 abbiano assorbito e fatto proprie le più recenti conquiste su larga scala di un mondo, quello dellelettronica, in perenne sconvolgimento. Interessanti anche in virtù di una certa compattezza sono i risultati. Se la melodia primaria di synth in Sintesi n. 2, giocata su un background di droni oscuri, è carpenteriana fino al midollo, più subacquea e ambientale è Sintesi n. 4, mentre Sintesi n. 5 sporca di leggere interferenze dubstep barocchismi sinfonici destrutturati in ondate acide e la conclusiva Sintesi n. 6 riesuma un certo allure gotico che fra Crimea X e Adamennon nello Stivale ha da poco conosciuto una certa popolarità di ritorno (ancora più teatrali sono le volute simonettiane di Sintesi n. 1). Particolarmente pregnante è, a margine, il gioco di pieni e vuoti in Sintesi n. 3, dove levoluzione armonica viene prima resa frastagliata e non consequenziale alla maniera di Fennesz e poi caricata di interessanti chiose harsh.
Una graditissima sorpresa. Chi ben comincia...
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