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R Recensione

6/10

Rob Crow

He Thinks He's People

C’è chi è loser perché la propria fragilità emotiva non gli consente di essere altro, chi è loser per convenienza e chi è loser, semplicemente, perché vuole esserlo. Rob Crow non è un perdente: è il perdente dei perdenti. Lemmy lo definirebbe born to lose, live to win. Da uno che, negli anni, ha firmato centinaia di splendide canzoni che in pochi continuano ad ascoltare, cambiando gruppi con più frequenza delle fantasie politiche di Sgarbi, ti aspetteresti francamente ben altro che un sorriso pacioccoso infossato in una barba da nerd-tipo dei pomeriggi americani, con lattina di birra in una mano, chitarra scassata nell’altra e skateboard ai piedi. Eppure, tant’è. D’altra parte, quand’è l’ora dell’ammucchiata degli slacker sotto la star-spangled banner nessuno si dimentica di Stephen Malkmus, lascia per strada Lou Barlow, telefona all’ultimo momento a Rivers Cuomo o lancia dietro i tamburelli a Beck: ma Rob Crow, no. Perso nel limbo dei suoi sogni stralunati, davanti ad una televisione perennemente accesa, a gironzolare per gli isolati del suo quartiere, a calcare assi scalcinate con i Goblin Cock o i Pinback. Sostanza, energia, creatività: altro che tributi e contro tributi.

Proprio i Pinback, band madre e cardine essenziale del suo percorso musicale post-Duemila, che sembra quasi, a partire dall’ultimo “Autumn Of The Seraphs” (2007), essere entrata in un letargo discografico, sono il punto di partenza e di arrivo di ogni discorso imbastibile su “He Thinks He’s People”, secondo lavoro solista a quattro anni di distanza dall’esordio omonimo. Parlavamo appena sopra di una capacità di songwriting superiore alla norma: un dono di natura non si annacqua, ma rimane tale anche con il passare del tempo. A Crow basta poco più di mezz’ora per costruire un album dalle molte sfaccettature, eppure fatto di poche ed intelligenti cose, le cui radici vanno individuate nei soliti ingredienti con i quali si barcamena da sempre. Inconfondibile il marchio di fabbrica, quando successivi accostamenti melodici di arpeggi vengono incastrati tra impercettibili dissonanze e scansioni di pura matematica (“Sophistructure”). Trasposta in acustico, la qualità del risultato si impone, a maggior ragione, come unica nel suo genere, math-pop ondivago ed itinerante (i sobbalzi di “This Thread”, le ombre blues di “Purpose”) ancora in grado di riservare piacevoli sorprese anche a chi, quest’approccio stilistico, lo conosce fin nelle più profonde fibre. L’apertura di archi sintetici nel ritornello di “So Way”, costruita ad hoc per acuirne la stilettante malinconia, è riuscitissima, allo stesso modo in cui “Scalped” si impone da subito, con il suo piano a volute strascicate e sovrapposte, come uno dei migliori pezzi da lui mai scritti.

Problema primo e principale di “He Thinks He’s People” è, tuttavia, il proprio carattere volutamente giocoso e confusionario. Chi ha già masticato il modus operandi di Crow, ha parallelamente imparato a riconoscere, nella sua composizione, una forte componente ludica. Ai tempi degli Heavy Vegetable, storico ed inestimabile segreto nascosto nelle pieghe dell’alt rock statunitense degli anni ’90, era facile si tramutasse in schizoidi lampi di genio. Ora, a tratti, la forma sembra soprassedere la sostanza. Si può certamente chiudere un occhio su “Build”, frenetica scheggia di un minuto e mezzo avanzata ai Goblin Cock, ma “Pat’s Crabs” sembra una costola in diminuendo – ed in rimpicciolendo – della stessa “Purpose”, “I’d Like To Be There” è l’ennesima variazione su un ripulito tema pinbackiano, con timide incursioni di armonica, e le chitarre di “Locking Seth Putnam In Hot Topic” (lode e gloria al leader degli Anal Cunt!) appaiono davvero fuori luogo. Gli scivoloni fanno scricchiolare, di conseguenza, l’impianto strutturale, che sembrerebbe sfaldarsi a terra. Sembrerebbe, se non fosse per “Prepare To Be Mined”, autentica perla dell’intero disco, accartocciarsi math rock che spegne la solarità dei break centrali con aguzzi cocci chitarristici, e per il palpitante finale multistrato dell’altrimenti mediocre “Hangnailed”.

Volete la curiosità finale? "He thinks he's people" è una battuta pronunciata, nello storico "Animal House", dal grande John Belushi. Rob, Rob, non ti smentisci mai...

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