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R Recensione

6/10

Eric Clapton

Journeyman

Manolenta Clapton ce la sta dunque facendo a raggiungere la vecchiaia (siamo arrivati a sessantacinque primavere), ad onta di tutto l’alcool tracannato e le polverine tirate che ha inteso di concedersi in carriera, infido ed insufficiente rifugio alla sua cronica carenza affettiva, da figlio illegittimo di colei che credeva sua sorella. La buona stella ha comunque vegliato su di lui ed ancor oggi la fascinosa, ancorché imbolsita e un po’ depressa sua faccia di sopravvissuto del blues e della bottiglia, fa bella mostra di sé sui palchi, intenta alle consuete smorfie di concentrazione mentre mezzo metro sotto la fida Fender Stratocaster viene debitamente maneggiata col sommo ed inconfondibile suo stile, rilassato e penetrante.

Scritte da subito importanti pagine nella storia dello strumento (tutte negli anni sessanta, prima cogli Yardbirds poi nei Bluesbreakers di John Mayall e infine nei Cream), per tutto il resto di carriera il nostro ha inteso diluire il suo talento in un’infinita serie di produzioni tra lo scarso, il sufficiente e il discreto, delle quali si possono dire tranquillamente due o tre cose di fondo: grande chitarrista, cantante sempre più convincente ma repertorio spesso modesto, scolasticamente parlando da sei, sei e mezzo e con la sottostante, classica  nota “potrebbe fare di più”.

Clapton è questo, un musicista pervaso dal formidabile talento, proprio del vero bluesman quale egli sa e vuole essere, di “entrare” con l’anima sua nelle note che prende sulla tastiera, impareggiabilmente, “stendendo” chi lo sta ad ascoltare anche con soltanto due di esse. Ma è anche colui che paraculamente ha deciso di flirtare con la canzonetta facile, di classe ma da incasso, visto anche che come autore di musiche è tutt’altro che prolifico. Così famoso e acclamato, Eric, che si fa fatica a ricordarsi che “I Shot The Sheriff” è del povero Marley, che “Cocaine“ è di J.J. Cale, che “Layla” gliel’hanno servita calda calda Duane Allman (rivoltandola come un calzino introducendovi il superbo riff di dodici note) e Jim Gordon (sua batterista al tempo, autore della ispirata coda pianistica del pezzo), che “Crossroads” è di Robert Johnson eccetera.

Questo disco è uno di quelli alla voce “discreti” del vecchio Eric, che al tempo tornava avvedutamente ad affidarsi ad un produttore professionista come Russ Titelman, mettendo termine alla nefasta collaborazione con Phil Collins, devastante prezzemolo ottantiano. C’è un po’ di tutto, in primis il pop rock bluesato da classifica (“Pretending”, “Anything For Your Love”, “No Alibis” e “Breaking Point” tutte di un certo Jerry Williams, mentre “Bad Love” è del collega Mick Jones, abile e ruffiano songwriter arricchitosi con i Foreigner), la ballatona gospel (“Runnin’ On Faith”), l’omaggio a Ray Charles (“Hard Times”), quelli al rock’n’roll (“Hound Dog” e “Before You Accuse Me”, in chiusura). C’è anche il duetto con l’amico fraterno George Harrison che gli regala una “Run So Far” contraddistinta dalla peculiare, melliflua chitarra slide dell’ex-Beatle, oggetto di grande ammirazione da parte di Eric.

A proposito dell’amicizia Clapton-Harrison, ecco arrivare in posizione otto la migliore del lotto, la lenta e bluesata “Old Love” nella quale Eric descrive le attuali pene e malinconie in essere nel rapporto oramai stanco e compromesso con sua moglie Patty (pure ex-moglie di Harrison). Gran pezzo: il giro di accordi, semplice quanto lirico e gustoso, glielo passa il collega Robert Cray (che è qui anche a suonarlo), Clapton si destreggia impareggiabilmente nella dolente e rassegnata messa a fuoco di un amore finito, imperversando per sei abbondanti minuti con la chitarra sempre pulitissima e ispirata. Forte però: è normale che nei suoi concerti vi siano in scaletta “Layla”, grande canzone del 1970 che descrive il suo stato d’animo sofferente e i suoi sentimenti per Patty a quei tempi, quando era ancora sposata con l’ex-Beatle, nonché “Wonderful Tonight”, saccarinosa ballata risalente al 1977, quando lei aveva fatto il cambio di marito/chitarrista e nella quale viene presentato un quadretto idillico del rapporto, con loro che vanno ad un party e poi rincasano con lei che guida perché lui si è ubriacato (come al solito), ma ha ancora lucidità per dirle che era la più bella della festa… ed infine questa “Old Love”, sconsolata resa ai sentimenti che si deteriorano ed alle storie che finiscono… proprio vero che i sentimenti passano (o meglio si evolvono) ma le canzoni, che li fotografano, restano.

A chiusura dell’album, seguita solo dall’ultimo rock’n’roll di cui si diceva, una morbida e pianistica song regalatagli dai suoi coristi (!)“Lead Me On”. Si può dire per concludere che il buon Eric abbia tenuto fede a quella certa presa di coscienza maturata in lui a fine anni sessanta dopo la delusione dei Blind Faith, effimero suo gruppo del dopo Cream, e l’avvenuta presa di contatto con realtà musicali americane del tutto diverse da quelle, molto competitive e stressanti, a cui era abituato, nello specifico la Band e Delaney & Bonnie, gruppi caratterizzati dal non avere primedonne e soprattutto impegnati a far canzoni, non esercizi di bravura strumentale.

Peccato però che Clapton non sia un songwriter e che la sua eccezionalità musicale risieda tutta nell’abilità chitarristica, il suo mimetizzarsi quindi in vesti da canzoniere a tutto tondo appare quindi come una specie di rinnegamento del suo vero talento. La sua carriera dopo i sessanta ha comunque sostanzialmente oscillato fra i due poli, fra compatte canzoni abbordabili se non proprio ruffiane e rockblues a forte impatto chitarristico, più onorevoli ma meno lucrose. Un artista di grandi doti e grande capacità di trasferire il suo cuore in cima alle proprie dita, ma che ho sempre sostanzialmente vissuto come sopravvalutato.        

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Voto degli utenti: 5,5/10 in media su 4 voti.
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Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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lev (ha votato 6 questo disco) alle 13:10 del 4 settembre 2009 ha scritto:

questo l'avevo comprato in cassetta tanto tanto tempo fa, che ricordi... comunque d'accordissimo con pierpaolo praticamente su tutto.

Totalblamblam (ha votato 5 questo disco) alle 13:00 del 5 settembre 2009 ha scritto:

plasticoso

così me lo ricordo nel sound,

na mezza monnezza alla fine