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R Recensione

7,5/10

Błoto

Erozje

Leggenda vuole che, nell’agosto di due anni fa, tra le pause di un minitour estivo organizzato nel triangolo Brzeg Dolny-Łódź-Sopot, i breslaviensi EABS – di cui abbiamo segnalato con entusiasmo il secondo, splendido “Slavic Spirits” appena l’anno scorso – abbiano fatto una toccata e fuga ai Maska Studio di Gdańsk, dove quattro dei loro membri (il pianista e tastierista Marek Pędziwiatr aka Latarnik, il bassista Paweł Stachowiak aka Wuja HZG, il batterista Marcin Rak aka Cancer G e il sassofonista Olaf Węgier aka Książę Saxonii) hanno dato vita ad un’improvvisata session notturna, qualcosa di alternativo e complementare alle coordinate del collettivo madre: musica fisica e rigorosa ma niente affatto cerebrale, quadrata e monolitica ma capace di notevoli incursioni melodiche, coraggiosamente meticcia ma non stereotipata, all’incrocio tra visioni mitteleuropee e pulsazioni d’oltreoceano. Una creatura ansante e selvatica per la quale il monicker scelto, Błoto (in polacco “fango”), risulta quanto mai appropriato.

Pur conservando, nel profondo, un evidente spirito da jam (come da subito mette in chiaro la ghost story da notte di san Lorenzo di “Kałuże”), “Erozje” è un esordio il cui valore si misura soprattutto sulla capacità del quartetto di modellare, a partire da materiale informe o quasi, brani compiuti e conclusi in sé stessi. In questo la prima parte del lavoro (“Ziemie Żyzne”) infila una doppietta che ha del miracoloso: la transizione dal distonico studio ritmico jazz hop di “Bagna” (pare di ascoltare un downtempo di DJ Shadow in analogico) al Komeda intrappolato fra hauntologiche iterazioni pianistiche e spastici scatti swing di “Czarne Ziemie” è davvero mirabile. Subito dopo lo stacco di “Rędziny” (puntutissimo riff pianistico in 5/8, allucinazioni free jazz da thriller di genere settantiano) arriva poi la seconda parte (“Ziemie Jałowe”), il cui piatto forte è la staffetta centrale tra “Ziemie Zdegradowane Przez Człowieka” e “Glina”. Nella prima, il caldo sax morphiniano di Węgier viene contrappuntato dai sofisticati melismi di Pędziwiatr, per poi scomparire sommerso tra i montanti flutti onirici dei synth: synth che, del tutto bruscamente, si ritirano al ruvido irrompere della seconda (glina, polacco per “argilla”, nello slang di strada sta a denominare il poliziotto), un disarticolato hard-bop dalla devastante possenza ritmica che arriva ad un passo da un’orgia percussionistica technoide. Dopo il diluvio, la nuova calma: significativo, e tutto sommato giusto, che sia lo struggente scandinavian cool in dissolvenza di “Gleby Brunatne” a chiudere la partita, almeno momentaneamente.

Anche in questa occasione produce Astigmatic: garanzia di assoluto successo.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:57 del 13 giugno 2020 ha scritto:

Disco notevole (come giustamente dici, Astigmatic è una garanzia) che fotografi alla perfezione.