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R Recensione

5/10

Dente

Almanacco del giorno prima

È evaso dalla nicchia, ce l’ha fatta, e ce l'ha fatta senza Sanremo (ci andrà prima o poi?), è un indie non più indie, è il nuovo Battisti, o forse no, di Lucio ha poco o nulla, neanche il capello riccio perché il suo è liscio e mosso, così è chitarra e voce, ora attaccano pure i fiati, i violini, chi-più-ne-ha-più-ne-metta, ma cos’è questa lagna?, cos’è quest’aria scanzonata che pare un po’ artefatta, viziata?, cosa sono queste canzonette anni Sessanta, ma gli anni Sessanta sono belli e andati, ormai?

Così Giuseppe Peveri, in arte Dente, sforna il quinto disco in otto anni: a tre anni di distanza dall’ultimo, a tanti anni di distanza da quelli belli, quelli freschi, quelli veri (si veda Non c’è due senza te, anno 2007, o L’amore non è bello, anno 2009, così amabili dolceamari e frizzanti già dai titoli). Almanacco del giorno prima, si chiama il nuovo lavoro, Almanacco del giorno dopo era invece un programma su Rai1, di quando Dente era bambino e ragazzo (l’avrà chiamato così per questo?), e lì si parlava di santi, di storia, ricorrenze, e di tutto ciò che può intrattenere, prima di cena, mentre il cielo fuori è scuro e una ad una si aprono le luci, nelle case e in strada.

Intratterrà anche questo Almanacco dell’odontoiatra della musica italiana, il nuovo Battisti, o forse no, di Lucio ha poco o nulla? Intrattiene, sì, ma intrattiene male, o intrattiene bene sciami di vecchietti che ballano, il liscio (Fatti viva), o forse il cha cha cha (accelerato, ma tant’è, in Invece tu). Sciami invecchiati, stagionati, che, ahi loro, poco ronzano ma che troverebbero familiari questi suoni e trame e parole di cinquant’anni or sono. In Chiuso dall’interno (caruccia almeno nella struttura, ci sono i fiati, c’è un richiamo alla sempreverde canzone d’autore) dice Dente che “al mondo sventola bandiera bianca”; ma perbacco, Dente, sei daltonico, attento, ti sbagli, è bandiera gialla, così cantava Gianni Pettenati, era il ´66, attento che i vecchietti hanno buona memoria, non farli imbestialire, poi ronzano più forte, pizzicano. Ancora gli anni Sessanta, quindi, dappertutto in questo disco, onnipresenti e imperituri. Accordi di pianoforte, ritornelli che strizzano gli occhi a destra e a manca, qualche velo di tristezza verso la fine (Casa mia, Meglio degli dei), ancora cha cha cha (e basta, dai) con I miei pensieri e viceversa.

Dente ha perso di smalto nei testi, che erano celebri per brio e giochi di parole (qui sporadiche impennate, “ogni tanto ti penso spesso, mi manchi quando sei con me”, in Coniugati passeggiare). Dente ha fatto un disco carino solo a tratti, ma “carino” già non va poi tanto bene. Un disco piacione, anche ruffiano, modesto, neanche troppo mediocre, ma neanche troppo intrigante. L’impressione è che Peveri, prima, scrivesse fregandosene dell’esito e dei riscontri, scrivesse per terapia; scrive, oggi, per piacere attorno (è il solito discorso, insomma). Perché questo è il prezzo da pagare (o da guadagnare?) se si evade dalla nicchia. Scorretta è l'impressione?

V Voti

Voto degli utenti: 6,1/10 in media su 7 voti.
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ThirdEye 3,5/10
Cas 7/10
gramsci 6,5/10

C Commenti

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Marco_Biasio (ha votato 4,5 questo disco) alle 13:00 del 26 settembre 2014 ha scritto:

Un trionfo di arrangiamenti sfarzosi per tappare la falla di non-melodie veramente inconsistenti. Alla fine si arriva con estrema fatica fino in fondo e si ricordano ancora meno cose. Un caleidoscopio di colori che scivolano e non si imprimono. "Un Fiore Sulla Luna" e "Remedios Maria" sono gli unici episodi degni di essere ricordati. Recensione perfetta, Jacopo!

ThirdEye (ha votato 3,5 questo disco) alle 19:48 del 27 settembre 2014 ha scritto:

Il 95% di questi cosiddetti 'nuovi' cantautori Italiani dovrebbero essere messi fuori legge Album scipito come un piatto di tofu

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 21:01 del 27 settembre 2014 ha scritto:

Il brano più bello di un album molto bello! Io trovo che non ci siano grandi ritornelli (alla "Saldati", tanto per dire), ma melodie incisive, ricercate e garbate. E intelligenti. Aggettivo che più di tutti si addice alla scrittura di Peveri.

Ovviamente si tratta di gusti, però, ecco, io trovo che sia il suo disco meno immediato. Cioè, voglio dire, sarà anche uscito dalla nicchia, ma non ha fatto nulla per far sì che ciò succedesse (che poi se mantieni una qualità di scrittura alta non sarebbe nemmeno una colpa). Per quanto mi riguarda, centro pieno! Dentiano al 100%

Cas (ha votato 7 questo disco) alle 10:50 del 28 settembre 2014 ha scritto:

indie non più indie? bene!

il disco a me convince, pur senza entusiasmarmi.

innanzitutto i testi: diventati un pò troppo leziosi, questa volta Peveri trova un buon equilibrio lavorando di cesello.

e poi la musica, che dovrebbe essere l'elemento più importante: il fatto che Peveri e la band si siano sforzati in arrangiamenti un tantino sfarzosi dovrebbe essere occasione di merito. e a dirla tutta questo Almanacco è una dimostrazione di come i nostri ci sappiano fare: spaziando dalla canzone anni sessanta al MPB, si sfornano delizie bossa nova come "Invece tu" e "Miracoli", chicche soft psichedeliche come "Al Manakh" (il solo di chitarra: inaspettato), e interessanti rielaborazioni battistiane nelle fanfare di "Gita Fuori Luogo".

Un disco grazioso, che ha tra i più grandi meriti quello di seguire direzioni proprie, senza ammiccare alle tendenze dell'indie pop italico contemporaneo. Si cerca di fare tutto con cura, espandendo per giunta i riferimenti culturali (la musica brasiliana ad esempio). Si è riaccesa la speranza che da Peveri ci si possa aspettare ancora qualcosa.

Jacopo Santoro, autore, alle 15:16 del 28 settembre 2014 ha scritto:

È un disco che, a quanto pare, divide molto i giudizi (per ora si passa da un 3.5 a un . Però proprio un 8, considerando tale voto qualcosa che indica l'eccellenza, mi sembra sproporzionato al di là di ogni legittimo parere soggettivo. Mi trovo d'accordo con Marco che parla di arrangiamenti sfarzosi, tappeti necessari per coprire pulviscolo di (non) melodie. Apprezzabile sarà anche la tenue "sperimentazione" che porta Peveri a spaziare, a trovare nuove direzioni verso la musica brasiliana, come giustamente dice Cas; ma se l'esito è, a mio avviso, assai carente, sarebbe stato preferibile continuare su quelle vie già tracciate, vie fatte di immediatezza, di luce. Ma, come dico, impossibile riproporre qualcosa di simile quando la vena, la solita vena creativa, si è svuotata, forse totalmente.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 14:16 del 29 settembre 2014 ha scritto:

Che dire Jacopo? Tutta la carriera di Dente si muove, forse, tra questi opposti. Capisco che l'8 possa sembrare sproporzionato, ma ti garantisco che a me pare più sproporzionato un 5, "al di là di ogni legittimo parere soggettivo".

Alla fine, questo "Almanacco..." è un album scritto e arrangiato eccellentemente, nel suo fondere pop barocco, musica indie - perché non è un merito, ma io lo sento ancora indie che più indie non si può - suggestioni latine e cantautorato italiano (Battisti, certo, tanto per cambiare, ma anche De Gregori, basti pensare alla delicatezza e all'ermetismo musicale e lirico della dolcissima "Casa mia"). E Peveri conferma di avere uno suo stile ben definito - che possa più o meno piacere - e riconoscibilissimo; cosa che nel panorama italiano, fatto molto spesso di artisti "carta carbone", è già un grande merito, a mio avviso.

Jacopo Santoro, autore, alle 17:45 del 30 settembre 2014 ha scritto:

Salvo, rispetto i tuoi gusti come quelli di ogni altro. Però non continuiamo ad etichettarlo come "indie" (anche se sul vocabolo, su cosa significhi, sulle sfumature che aveva e che oggi ha, si potrebbe parlare per secoli): non lo è da un punto di vista prettamente lirico-musicale, non lo è per label, non lo è perché non sei tale se suoni su rai2 a "Quelli che il calcio"...

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 22:10 del 30 settembre 2014 ha scritto:

Ci mancherebbe, Jacopo Effettivamente il problema del termine "indie" è pressoché irrisolvibile. Chiarisco: io utilizzo il termine indie facendo riferimento all'aspetto lirico-musicale. E Dente è molto "indie", proprio per attitudine e approccio alla scrittura, nonostante la sony e le classifiche di dischi. Non vedo perché l'indie (che parte come approccio discografico, ma diventa genere) sia incompatibile con "quelli che il calcio" . Ecco, "Pop Porno" era molto indie. Ma qui temo che non ci potremo mettere d'accordo...

Jacopo Santoro, autore, alle 15:17 del 28 settembre 2014 ha scritto:

* si passa da un 3.5 a un 8

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 19:49 del 30 settembre 2014 ha scritto:

Sono più vicino alle opinioni di Salvo, dirò. Tutto ciò che c'era da aspettarsi da Peveri è stato dato (semplificando: liriche=giochi di parole - qui più minimi, come intende Cas; aperture melodiche brillanti; freschezza e insieme complessità degli arrangiamenti - per me per nulla sfarzosi). In più, in continuità con qualcosa di "Io Tra Di Noi" ("Rette Parallele": col senno di poi, per me, l'apice di Peveri), ho apprezzato l'ulteriore virata '70s (sì: influenze battistiane, cantautorato italiano), sperimentando con tutti quegli scenari esotici e sud americani che rendono così cromatico il tutto. Uhm, solo una nota: che sia indie o mainstream, alla fine, è davvero importante? ad ogni modo: come dice Salvo, se avesse voluto approfittare dell'approdo alla major avrebbe composto un disco più immediato e accattivante: semplicemente, non l'ha fatto. "Remedios Maria" (la ridicola 'Ophelia al corsi di nuoto' è un'immagine stupenda ) uno dei miei brani di quest'anno - so far; "Meglio degli Dei", "Fatti viva", "Coniugati Passeggiare" altri ottimi episodi.

Jacopo severo severo - e bravo: ma non condivido tutto