Tom Waits
Alice
Non è certo il sottoscritto a scoprire il genio di Tom Waits. Dopo essere rimasto ammaliato dai suoi primi capolavori (Swordfishtrombones e Rain dogs su tutti) ero un pò titubante nell'approcciarmi a questo disco, opera del 2002, a ormai quasi trent'anni dall'esordio discografico di Closing Time. E invece Tom sembra essere rimasto lo stesso: le liriche scarne ma ricche di poesia, l'alternarsi di ritmi tribali, jazz e ballate blues e la sua inconfondibile voce "ruggine e miele".
C'è una premessa da fare: i pezzi che compongono l'album sono stati composti dall'artista losangelino per un'opera teatrale del 1992 e successivamente rivisti e riarrangiati con l'ausilio di un'ampia orchestrazione. Il tono dimesso alternato a picchi di degenerazioni folli ci spingono a fare un annuncio: il signor Waits è tornato ai massimi livelli.
Il disco si apre con la dolce Alice, brano pensato per una trasposizione teatrale di "Alice nel paese delle meraviglie": l'atmosfera è quella di un fumoso locale in un sottoscala nei sobborghi di Los Angeles e il canto quasi sussurrato si fonde soffusamente alle trombe nell'accompagnare le morbide melodie disegnate dal piano. Una gemma di rara bellezza. Col secondo brano, Everything you can think of is true, la voce di Waits scende agli inferi e l'aria diventa surreale e paurosa, assumendo chiaroscuri da film espressionista.
Le successive Flower's grave e No one knows I'm gone sono due ballate soffuse e dimesse ma di grande intensità; si giunge così alla delirante Kommienezuspadt, terrificante follia in tedesco in cui i fantasmi del male tornano a riprendere forza. Poor Edward è il triste racconto dell'uomo con due facce, una sorta di Giano bifronte spinto al suicidio da questo dualismo, il dualsimo del conflitto tra Bene e Male; e stavolta a vincere è il Male. La successiva Tabletop Joe è un'allegro pezzo da jazz cafè con testo fortemente autobiografico (parla di un uomo ripudiato dalla madre sin da piccolo, con un grande amore per la musica e una grande voglia di sfondare che alla fine riesce a raggiungere il suo sogno).
La sghemba Lost in the harbour è una metafora delle divisioni tra i popoli e vede il porto come punto di incontro tra di essi; We're all mad here ipnotizza l'ascoltatore col suo ritmo incessante ed è probabilmente il brano che piu richiama sia nel testo che come atmosfera musicale "Alice in Wonderland"; Watch her disappear è il racconto notturno di un sogno e la voce del cantautore californiano si fa piu "miele" che mai. Reeperbahn (un quartiere a luci rosse di Berlino) narra la storia di uno dei "rain dogs" cari a Waits perchè così vicini al suo vissuto personale; I'm still here è il malinconico canto finale di Alice, ma non la conclusione del disco, riservata al trittico Fish and bird, Barcarolle e la strumentale Fawn.
Un'album che rinverdisce i fasti del passato di Tom Waits confermandone l'unicità della proposta musicale anche nel presente.
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