R Recensione

9/10

Black Mountain

In The Future

C’era una volta il rock…Quello che partiva dal blues e lo arricchiva con riff sempre più pesanti e violenti, tanto da far coniare i termini heavy blues e hard rock. Quello che amava le dilatazioni psichedeliche e sapeva mischiare riff duri con un soul caldo e suadente e con dolcezze folk. Era il rock dei Led Zeppelin, dei Black Sabbath, dei Cream, degli Hawkwind, dei Blue Cheer e compagnia bella. C’era una volta e poi non fu più, decaduto per essersi preso troppo sul serio e aver perso la freschezza degli esordi. Decaduto per aver elevato ad apice musicale assoli e schemi sempre più pomposi e stranoti, tanto da risultare infine stagnante e ripetitivo, finchè non fu spazzato via dall’ondata punk che pose le basi per la new wave.

Quel rock, con quelle influenze, con quegli schemi, con quei suoni, si è sentito raramente dal 1977 ad oggi. L’ondata heavy metal ha condizionato gruppi rétro come i Guns’n’Roses e perfino il fenomeno grunge non ha saputo prescindere dagli apporti del punk (Nirvana) e del metal (Soundgarden, Alice in Chains), con l’eccezione forse dei Pearl Jam. Il cosiddetto “new rock” di questo inizio millennio, impastato di legami con la rivisitazione della new wave, ha anch’esso raramente saputo ricreare quelle atmosfere, con poche significative eccezioni come White Stripes, Dead Meadows, Comets on Fire e pochi altri.

In molti continuano a ispirarsi a quel periodo ma quasi tutti cercando di reinserirlo in un contesto che ha visto diverse rivoluzioni stilistiche e musicali quali quelle susseguitesi dal 1977 ad oggi. La neo-psichedelia ad esempio (Bardo Pond, Roy Montgomery, Warlocks) è andata molto avanti rispetto alle premesse space-rock dei 70s. Oggi la rivisitazione e la contaminazione sono all’ordine del giorno e viene da pensare che il futuro della musica e del rock in primis vadano in questa direzione.

A vecchi nostalgici come il sottoscritto non dispiace godere di questi ibridismi e delle nuove avanguardie più meno radicali che portano avanti questi percorsi artistici ma lo spirito resta immancabilmente e inesorabilmente rock e allora non può che far piacere sentire oggi, nel 2008, un disco tanto anacronistico quanto impeccabile come questo In the future. I Black Mountain sono un gruppo che sembra essersi fermato al 1973 o giù di lì, fregandosene di quello che è venuto dopo e ricreando quella magica atmosfera sonora divenuta ormai classica per gli amanti della musica.

Il gruppo canadese esordisce nel 2005 con un disco (Black Mountain) che solo apparentemente si perde nel calderone rock-rétro di questo decennio, facendosi subito notare per una freschezza e uno spessore compositivo notevoli.

In the future è l’ideale prosecuzione di quel piccolo gioiello. Perde in freschezza forse, ma acquista maggiore consapevolezza dei propri mezzi e la maturità porta a dar spazio a tonalità più epiche e maestose. Prendete Angels: una ballad straordinaria per capacità di evocazione paradisiaca. Uno di quei lenti in cui il binomio voce-chitarra torna in primo piano con una intensità assoluta.

Ma il pathos vero si trova in brani come Tyrants: partenza titanica a vortice, assestamento lisergico e bucolico e di nuovo impetuosa scalata in cielo tra una batteria picchiatrice alla John “Bonzo” Bonham, gli epici riff di Stephen McBean e il cantato sofferto di Amber Webber. Ma non è tutto. Seguendo uno schema progressive altro cambio di tempo e nuova serie di assoli e riff alla Iommi (Black Sabbath) prima della definitiva morbida conclusione. Giù il cappello di fronte a un hard-rock che non si sentiva da anni.

In the future è un calderone di influenze e scorre via che è un piacere: Queens will play viaggia tra Pj Harvey e i Jefferson Airplane di Grace Slick; Evil ways potrebbe essere un’ottima jam di Cream e Blue Cheer mentre Stormy high è un tipico hard-rock 70s in bilico tra Black Sabbath e Rainbow. Wild wind è un morbido pop etereo che prende le mosse dal primo David Bowie mentre Night walks è una song gelida e spettrale degna della migliore Nico. Così tra motivi folk pastorali-celestiali (Stay free) e dilatazioni psichedeliche alienanti (Wucan) si approda a Bright lights, il pezzo più ambizioso del gruppo: sedici minuti di raffinatissimo heavy progressive steso tra Pink Floyd, Hawkwins e gli ultimi Black Sabbath (beninteso tenendo conto del periodo Osbourne).

Forse non ci si dovrebbe esaltare così tanto per un disco derivativo fino al midollo che non inventa assolutamente nulla. Ma l’impressione è che un rock così puro si senta davvero raramente. E allora giù il cappello.

C Commenti

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simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 22:47 del 23 gennaio 2008 ha scritto:

Questi si sono impossessati di tutto lo scibile del rock anglo-americano, periodo 67-70. Se ci mettiamo attorno a un tavolo a fare i nomi di tutti i pezzi da novanta, non ce n'è uno che manca all'appello: dagli MC 5 ai Jefferson Airplane più bucolici. E già questa, in partenza, era una ragione sufficiente a farmeli stare sul cazzo. Invece, raramente ho ascoltato un gruppo a tal punto derivativo, scolpire i propri solchi in modo così apollineo e felice. Anch'io mi tolgo lo Stetson di fronte a questi qua. Le ricostruzioni storico musicologiche di Pascà, poi, esercitano sempre un certo fascino su di me. . Bravò, Bravò!

Ivor the engine driver (ha votato 7 questo disco) alle 12:10 del 24 gennaio 2008 ha scritto:

siamo + o meno d'accordo, ma...

....non so se regge alla lunga distanza. Perchè purtroppo ha degli alti e bassi notevoli, soprattutto bright lights, decisamente poco a fuoco. Sì insomma quasi che li preferivo prima, ma vado a giorni. Ogni tanto poi buttano dei riffoni un po' tamarri, cosa che prima non facevano. E pure il tastierista ogni tanto entra nel pezzo rovinando quasi tutto (soprattutto su Angels). Sarò pignolo, ma siccome aspettavo con grosse aspettative sto disco, non posso fare a meno di notarne i difetti. Cmq quello che ho da dire a riguardo l'ho scritto su debaser.

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 20:51 del 24 gennaio 2008 ha scritto:

Io penso che...

...di dischi come questi ne escano più o meno una decina all'anno. Un ottimo revival di quel particolare stoner psichedelico tanto caro ad Hawkwind e Black Sabbath, con organetto sul fondo a gonfiare il tutto. Mi piacciono molto "Stormy High", il finale epico della fantastica "Tyrants", la stupenda "Bright Lights". In altri momenti invece mi cadono di brutto: leggasi "Queens Will Play" e "Angels". Bello, sì, ma assolutamente prescindibile.

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 11:36 del 25 gennaio 2008 ha scritto:

7/8 (come Down e Witchcraft)

Si, no obiettivamente, riascoltandolo e analizzandolo da differenti punti di vista, questo è un disco che merita una valutazione oscillante fra 7/8 (alla Blow Up, n'est pas?). Ha indiscutibilmente i suoi momenti, poi talvolta si perde e l'ostentato effetto deja vu genera quel "tamarresimo" virtuale ben evidenziato da Ivor. Poi si sa, i tastieristi sono una "razzaccia" (ihihihih...salvo eventuali parenti, amici e morosi dei presenti, naturalmente). Però in questa specie di "Art Nuveau" dell'hard/heavy rock che sta germogliando da più parti, loro sono sicuramente uno dei gruppi più degni e spassosi, al fianco di Down e Witchcraft (pour moi).

Alessandro Pascale, autore, alle 11:42 del 25 gennaio 2008 ha scritto:

io ovviamente non ho resistito e lasciandomi trasportare dall'entusiasmo ho dato 4,5 stelle. In realtà il voto oscillava intorno all'8,5 per la qualità generale dei pezzi. Considerando il fatto che è tutta roba derivativa avrei però dovuo dare 4 stelle. Non c'è niente da fare sono u ncazzo di rockettaro e ogni tanto perdo un pò di obiettività

Neu! (ha votato 6 questo disco) alle 19:10 del 27 gennaio 2008 ha scritto:

si vabbe, ma adesso non esagariamo; su dai...

Moon (ha votato 7 questo disco) alle 13:41 del 19 febbraio 2008 ha scritto:

non male ma mi sembra eccessivo il voto del recensore per questo album che, infondo, non è nulla di eclatante.

Dr.Paul (ha votato 5 questo disco) alle 7:13 del 21 febbraio 2008 ha scritto:

antichi!

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 8:31 del 25 febbraio 2008 ha scritto:

Album per me difficile da giudicare con una sintesi (il voto). Ambientato, mi pare, tra

la fine degli anni 60 e l'inizio dei 70, sembra

essere un'antologia di quel periodo. Addirittura

alcuni brani (in particolare Tyrants e Bright Lights) sono loro stessi antologici. Oggi, come

allora, qualcosa mi piace e qualcosa no. Belle

sono per me Wucan (su tutte), Wild Wind e anche

Angels. Brutte Stay Free (brutta copia di Neil Young) ed Evil Ways. Le altre alternano momenti

belli (i più) a momenti brutti. Discorso a parte

per Night Walk, che sembra uscita dal catalogo

della prima 4AD (anni 80). Un encomio merita per

me la voce femminile (d'altra parte ho amato così

tanto Grace Slick ...). 6/7

walewale (ha votato 10 questo disco) alle 13:18 del primo settembre 2008 ha scritto:

evviva i revival

voglio dire, è possibile fare delle critiche a coloro che cercano e ritrovano in maniera assolutamente perfetta vecchi suoni? Stanca del post rock, ritrovo in quest'album un ritorno agli anni '70. grazie.

CigarO (ha votato 8 questo disco) alle 23:28 del 9 dicembre 2008 ha scritto:

Ah è troppo bello lo RIVOTO!

lo rivoto troppo bello...

bargeld (ha votato 9 questo disco) alle 22:33 del 30 aprile 2009 ha scritto:

monumentale, gigantesco, in tutte le accezioni positive del termine.

Utente non più registrato alle 21:27 del 5 marzo 2012 ha scritto:

Davvero niente male