R Recensione

8/10

The Robot Ate Me

Carousel Waltz

Carousel Waltz , uscito nel 2005 per la 5 Rue Christine, è una drastica svolta rispetto ai precedenti album della band americana (ora trapiantata a Portland). Al posto degli esperimenti di They Ate Themselves e dell’eccentricità musicale e concettuale di On vacation, Ryland Bouchard e la sua band con Carousel Waltz ci offrono una meditazione silenziosa, accessibile, filo conduttore dell’intero disco.

Coloro che hanno amato i precedenti dischi potrebbero criticarne la scarsa varietà e la mancanza di complessità che sprizzava lo sperimentalismo degli altri dischi, ma la band rimedia con un’intimità ed un calore rari. Carousel Waltz è un album per chi sa ascoltare e per chi percepisce ed apprezza i toni più sottili.

Lo sprone a superare il rimpianto soffia dalle casse, fin dalla prima canzone Bad feelings: She’s been feeling pretty bad about life. Look into her eyes. And let her know why, you wanna be her everything. You don’t need to call it love. In questo senso Carousel Waltz si presenta come concept album. La nostra esistenza porta dolore, però è troppo corta per sprecarla con litigi e lotte personali. È semplice eppure di una distinta lucidità l’essenza ottimistica del disco. È una lezione d’amore e di perdono che viene reiterata continuamente, senza mai essere moralista.

Bouchard sviluppa un senso della narrazione peculiare. Ha la dote rara e condivisa con pochissimi altri autori, di raccontare d’amore senza scivolare nella banalità. Il disco mette in mostra la larghezza di sentimenti, dal doloroso amore spezzato nella melanconica Where love goes, all’anch’essa nostalgica ma più tenera This love is waiting, passando per la spettacolare Lately, a rievocare, da lontano e in chiave indiefolk, i Coldplay più intimisti, fino ad arrivare alle più allegre composizioni di Come together e Just one girl. A chiudere la contemplazione, nel migliore dei modi possibili e al momento giusto, arriva la dolce e posata Hi love.

In questo senso Bouchard merita effettivamente l’etichetta di cantautore à la Leonard Cohen. Gli arrangiamenti, paragonati con i precedenti dischi, sono più discreti, quasi ordinari. Carousel Waltz è folk della struttura più classica, folk pop in odor di anni ‘60 con melodie attraenti vicine alla vena compositiva di Paul Mc Cartney e Donovan. Le melodie, per lo più accompagnate dalla chitarra acustica, si posano a tratti su arrangiamenti delicatamente barocchi, quasi wilsoniano: un momento le parole di Bouchard sono interrotte da un corno elegante come in Lately, un altro fa capolino per un attimo un sax lontanamente zappiano. Nondimeno, permane sempre la moderazione, elemento dominante del disco.

Il cantante e la band ci cantano una ninnananna per consolare le nostre anime scalfite e solitarie. Caso eccezionale, non ci sono cali nella qualità musicale del disco: The Robot Ate Me regala ai nostri cuori fragili un passatempo migliore di una seduta dallo psicoanalista, perché ci riporta con parole e toni lucidi ad una percezione di noi stessi e delle cose essenziali, spesso perduta e assente nel tran tran scolorito della nostra esistenza. Le sue intuizioni d’amore sembrano arrivare dalla più intensa e personale introspezione. La sincerità e il coraggio di Bouchard stupiscono e trovano facilmente strada nelle nostre ossa, sfilando pian piano gli strati protettivi con cui ci siamo abituati a nasconderci e proteggerci dagli altri. Il cantante, con la sua voce alta e un‘po gracchiante – richiamando un ideale punto d’incontro tra Wayne Coyne dei Flaming Lips e Chris Martin dei Coldplay - rimane sola e nuda davanti agli ascoltatori. E’ una sincerità che svela una grande dignità. In Regret rende manifesta l’essenza semplice ma potente del disco, il coraggio di affrontare la vita: Come back, from your lonely stand. Come back, face the world you’ve left. Carousel spin over our heads. Come share the sunshine With your life as the light.

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Voto degli utenti: 8,5/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

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DonJunio alle 21:25 del 6 febbraio 2007 ha scritto:

interessante

avendo colto il riferimento a questo gruppo nella recensione sui loney dear, sono venuto un po' a documentarmi...non li conosco, questa dissertazione spinge ulteriormente a procurarmi qualcosa. Certo che tra coyne e martin ce ne passa, eh!

Asidrec (ha votato 9 questo disco) alle 14:31 del 30 luglio 2007 ha scritto:

Ottima recensione

Pop intimo e seducente, con un bellissimo spettro sonoro, sebbene in un ottica prevalentemente lo-fi.

I Coldplay venderebbero l'anima per scrivere una canzona come "Where Love Goes".

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 14:32 del 3 gennaio 2011 ha scritto:

Cd passato inosservato...Che peccato! Io l'ho ascoltato e lo ascolto tuttora molto spesso. Ispiratissimo! 8 pieno!