Gizmodrome
Gizmodrome
Immaginate solo che evento mediatico avrebbe potuto rappresentare un supergruppo come i Gizmodrome negli anni 80: Adrian Belew, Stewart Copeland, Mark King e Vittorio Cosma che in una riedizione sonica dellarmata Brancaleone uniscono le forze per un comune obiettivo. Ci sarebbe stato da pitturare ogni anfratto della stampa specializzata, da monopolizzare ogni conversazione a tema. Non dirò che leffetto sorpresa oggi è meno forte, anche perché questi nonnetti, gergalmente parlando, continuano a dare una pista a tutti (andate ad approfondire cosha combinato mr. Belew con la sua app Flux ). Epperò, volente o nolente, Gizmodrome è un progetto che, in qualche modo, nasce già vecchio: va a riassumere ai millennials del binge watching o di Spotify il curriculum dei musicisti allazione, a spiegare chi sono e cosa hanno fatto. No, il target qui è chiaramente diverso: si mira ad un pubblico che già sa, che già segue, che è affezionato ad un passato comune e che si lascia intrattenere dalle doti tecniche dei primi attori.
Gizmodrome è un pastiche pop (funk-jazz-fusion) rock come non se ne scrivono più da tempi immemori: un parco giochi a tema zappiano, la sintesi di quattro intelligenze che umilmente si prestano luna allaltra. Ci vuole un po di senso dellimmedesimazione, ma alla fine ci si diverte. Man In The Mountain, ad esempio, è una storiella nonsense scandita tra ritmi in levare, arpeggi acustici e contrappesi di tastiere: un canovaccio su cui si inserisce il reggae vocoderizzato della meno fortunata Strange Things Happen, riarrangiamento di un pezzo di Copeland (qui e altrove voce principale) già parte della colonna sonora di The Texas Chainsaw Massacre 2. Amaka Pipa rimane a ciondolare sul versante urban, abbracciando con più convinzione una visione crossover dinsieme. La raggiera di fiati che incornicia il bel groove di Zombies In The Mall (nientemeno che la rielaborazione di un vecchio tema che Copeland scrisse, ventanni fa, per la soundtrack del leggendario gioco Playstation Spyro the Dragon) si dissolve nellincontenibile assolo di Belew, un intervento che mette assieme Talking Heads e i Crimson della trilogia cromatica degli anni 80: linesauribile fantasia del chitarrista di Covington si accentua nei soundscapes che puntellano il passo oscuro di Ride Your Life, nelle abrasioni che strisciano lavvincente spy story di Stark Naked, nei puntuali contrafforti che esaltano i ritmatissimi slap di King in Spin This.
La domanda che lecitamente ci si pone ad un certo punto è: dove finisce il disco vero e proprio, dove inizia lesercizio di stile? Non è un quesito semplice. La zaumnyj del super ospite Elio nel prog-pop di Zubatta Cheve da che parte sta? E i Primus soul della corale Sweet Angels (Rule The World), che in coda si contorce in preda allepilessia? Il midtempo quasi-hard di I Know Too Much è stato incluso in tracklist per scherzo o eclettismo? E se tutto Gizmodrome non fosse altro che una presa per il culo? Inevitabile chiederselo, matematico non avere risposte. La forza di progetti come questo (che avrà, forse, un seguito discografico e un tour mondiale) sta anche nella loro totale accettazione: prendere o lasciare, qui si gioca a fare i seri.
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