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R Recensione

7/10

Beppe Chierici

La cattiva erba

Che Georges Brassens sia uno dei grandi padri della canzone d’autore (al pari di Brel e Ferré) è un fatto incontrovertibile, tanto grande e importante che molti cantautori italiani negli anni si sono cimentati nel tradurre le sue canzoni nella nostra lingua, dal Fabrizio De André a Nanni Svampa, fino recentemente a Alberto Patrucco. Pochi però sanno che c’è un artista (cantante, attore e molto altro) che di Brassens, oltre a tradurre buona parte del canzoniere, fu anche amico: Beppe Chierici. La sua vita avventurosa lo portò poco più che ragazzo in Francia, dove poi tornò dopo aver vissuto in Africa. Li conobbe Brassens, con cui nacque una sincera amicizia, raccontata nel bel volume La cattiva erba, in cui sono riprodotte foto dei due artisti insieme, lettere di Brassens di apprezzamento per le traduzioni dell’amico italiano, splendidi disegni ad opera di Dario Faggella, ed ottantadue traduzioni di Chierici, con testo originale a fronte.

Un lavoro, quello delle traduzioni in italiano delle canzoni di Brassens, che impegna Chierici da sempre, nel tentativo di rispettarne perfettamente la metrica, ossessionato dalla volontà di non tradire l’originale e rimanerne fedele, sia nella trasposizione letteraria che ritmica. Un rispetto quasi maniacale, reso ancor più difficile dalla lingua italiana, più povera di parole tronche rispetto al francese. Traduzioni che all’epoca ebbero l’approvazione dello stesso Brassens, e che Chierici pubblicò e portò in scena già in passato. Oggi, dopo essersi dedicato per molti anni principalmente al cinema e al teatro, l’artista piemontese ritorna su quel materiale, pubblicando una selezione di quaranta canzoni suddivise in due cd, allegati al bel volume di cui sopra. Quaranta canzoni, cantate dallo stesso Chierici, con l’aiuto prezioso del musicista peruviano Carlos Ernesto Moscoso Thompson per gli arrangiamenti, che ha colorato i brani con tocchi discreti di jazz, e musica latino americana.

Nel primo cd, intitolato come il volume La cattiva erba, troviamo alcuni dei grandi classici del canzoniere del cantautore francese, da Il Gorilla a Ballata per gli sciovinisti (un testo che oggi bisognerebbe imparare a memoria), da Putain de toi! a Il Giullare. A volte Chierici sceglie di modificare qualche parola, per mantenere il senso del brano. Così ne I rapaci fanno la loro comparsa i tronisti della TV e le ragazze dell’Olgettina, figure rappresentative della decadenza dell’Italia di oggi. Nel secondo cd, intitolato Storie d’amore, trovano posto alcune delle più belle canzoni di sempre dedicate all’amore, in ogni sua forma. Dall’amore giovanile de Le panchine pubbliche ai ricordi di I miei passati amori, all’amore per le donne incontrate solo una volta de Le passanti. Impossibile citarle tutte, su ogni canzone ci si potrebbe scrivere un saggio.

Difficile ridurre il giudizio su questo lavoro ad un semplice numero. Il voto è sicuramente un dieci per le canzoni di Brassens, tutte, indistintamente, capolavori. Un otto per le traduzioni italiane di Chierici, per il suo lavoro trentennale di diffusione nella lingua di Dante di questo patrimonio poetico e musicale. Certo, il tentativo di mantenere, oltre che il senso delle canzoni, anche la metrica e le rime, comprese le rime interne ai versi, fa perdere un po’ di poeticità, ma lo stesso Brassens in fondo non si considerava un poeta (al proposito, diceva: scrivo soltanto canzoni e basta). Questo è un lavoro davvero imperdibile per chi ama Georges Brassens (e la canzone d’autore tutta) ma ha poca dimestichezza con la lingua dei cugini d’oltralpe. Qui apprezzerà tutte le sfumature dei testi del grande francese, i giochi con le rime, e soprattutto il senso di quei brani immortali. Ma anche chi ama il rock può trovare tra queste pagine e queste note grande interesse, e soprattutto scoprire che questo poeta contadino cinquanta anni fa scriveva cose che ci parlano, ancora oggi, della nostra vita.

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