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R Recensione

7,5/10

Giangilberto Monti, Ottavia Marini

Maledetti Francesi

Il disco “Maledetti Francesi” arriva alla fine di un lungo percorso, uno studio approfondito della canzone d’autore francese che il cantautore, chansonnier e scrittore Giangilberto Monti ha iniziato traducendo Boris Vian per un disco a lui dedicato nel 1997, a cui ha fatto seguito “La belle époque della Banda Bonnot, sempre su testi di Vian. Poi sono arrivati l’omaggio collettivo a Vian, Ferré e Gainsbourg con “Maledette Canzoni” e a Renaud con “Canti Ribelli”, e prima ancora la trasmissione storico-musicale Les Chansonniers, negli studi di Lugano della RSI. Un lavoro prezioso, che è confluito nel libro Maledetti Francesi, diventato poi spettacolo presentato in anteprima all’ultima edizione del Premio Tenco, e che ora infine viene pubblicato su cd.  

Il disco ovviamente non può contenere tutte le grandi canzoni e i grandi autori che Monti ha studiato, tradotto e cantato in questi anni, ma una scelta di alcuni nomi più rappresentativi, analizzati attraverso alcuni brani. Il periodo preso in esame è quello cha va dal 1880 al 1980, cento anni in cui in Francia è nata e si è sviluppata quella che in Italia, con felice intuizione di Enrico De Angelis, negli anni ’60 verrà chiamata Canzone d’Autore. Ma è oltralpe che si inizia a contaminare la canzone con la poesia, il jazz, la politica. Accompagnato dalla voce e dal pianoforte di Ottavia Marini, il cantautore milanese propone un percorso temporale che inizia proprio nel locale dove prese l’avvio tutto: “Allo Chat Noir è dedicata al papà dei cantautori francesi Aristide Bruant, e alla nascita della canzone d’autore francese nel 1881 in quello storico locale di Montmartre.

Da qui inizia il viaggio di Monti alla riscoperta di alcuni grandi classici che hanno influenzato buona parte della canzone d’autore, italiana e non solo, A volte traducendo integralmente i brani, altre volte utilizzando le traduzioni fatte in passato da illustri colleghi, come nel caso della celebre “Lo straniero” (“Le méteque” di Moustaki), riproposta con una splendida interpretazione in italiano e in francese, in cui riprende la traduzione di Bruno Lauzi, o per l’altrettanto famosa “Il gorilla” (di Brassens), dove sceglie la versione di Fabrizio De André, o ancora per “Albergo a ore”, uno dei capolavori della canzone francese, qui nella versione di Herbert Pagani, riproposta con un’interpretazione riuscitissima, con l’alternarsi delle due voci, la Marini in francese e Monti in italiano, che si uniscono nel ritornello.

La parte principale del lavoro è dedicata a tre grandi cantautori, probabilmente ritenuti i più rappresentativi di tre diverse anime dalla chanson francese: Boris Vian, Serge Gainsbourg e Leo Ferré. Con Vian la nascente canzone d’autore incontra il jazz e lo swing, ed arrivano anche l’ironia, la satira, l’impegno civile e la critica sociale, elementi che troviamo in “Che snob” e in maniera ancora più dissacrante nella seguente “Giava delle bombe atomiche”, che Monti traduce in italiano (aiutandosi ancora con la precedente versione di Lauzi) riportando nel nostro idioma la genialità e l’originalità della scrittura del francese, forte anche di una splendida interpretazione. In “Venite qua”, cantata insieme dai due prima in francese poi in italiano, emerge l’impegno politico di Vian, che raggiunge l’apice nella più famosa “Egregio Presidente (Le déserteur)Serge Gainsbourg è un altro dei grandi francesi. Dal suo repertorio Monti riprende e traduce in italiano tre brani: “Il controllore del metrò”, Son venuto a dirti che vado via”, cantata sia in francese che in italiano, e “La storia di Bonnie & Clyde”, dove i due interpreti si alternano quasi impersonando i due protagonisti della storia. L’altro gigante della canzone francese, Leo Ferré, è rappresentato qui da due brani: per “Strani tipi (“Les poètes”) riprende e adatta la precedente versione di Enrico Medail, una poesia sui poeti, che Ferré ama al punto da dedicare interi dischi alle loro poesie (Aragon, Verlaine, Rimbaud). “Parigi Canaille è invece il classico dei classici, il brano che ha inventato una definizione, canzone simbolo di un’epoca e primo grande successo commerciale di Ferré.

Difficile non rimanere colpiti da queste canzoni, non solo perché veri e propri capolavori, ma anche per le traduzioni proposte, e infine per le interpretazioni. Monti si rivela non solo cantautore, ma vero chansonnier, e questi arrangiamenti quasi spogli, essenziali, mettono ancora più in evidenza testi e interpretazioni, grazie anche al supporto del pianoforte e della voce di Ottavia Marini, impeccabile nei brani cantati a due voci, come “Que reste-t-il de nos amours? (dal repertorio di Charles Trenet) e “Et maintenant” (dal canzoniere di Gilbert Bécaud). Infine Renaud, forse il meno conosciuto in Italia dei cantautori francesi, e Monti, che lo definisce l’ultimo dei maudits del ‘900 francese, ne ripropone due brani, “Il venditore di ciottoli” e, in chiusura di disco, “Quando e dove andiamo?”, che rifacendosi a Aristide Bruant e Brassens, ma con un piglio decisamente rock, sembra chiudere un ciclo, quello della storica canzone francese.  

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