Piccola Orchestra Karasciò
Qualcosa mi sfugge
La Piccola Orchestra Karasciò torna, a distanza di quattro anni, con un nuovo lavoro in cui, ancora una volta, le canzoni sono accompagnate da un racconto, in questo caso suddiviso in brevi mini racconti che seguono ogni brano, creando un concept album, dove il filo conduttore si svela nel racconto Storia del Sig. P..
Il disco si apre con un titolo che è quasi una dichiarazione di intenti (oltre che una citazione di Guccini), A canzoni non si fan rivoluzioni, un brano dal sapore folk rock guidato dal suono della fisarmonica, a cui segue lo slow reggae di Luna, il racconto di un sogno di evasione dalla realtà che ci circonda. E la descrizione di questa realtà che ci propone Paolo Piccoli (autore dei testi e voce della band) è quella di una società che scivola verso un lento ed inesorabile degrado. Una società composta dagli uomini descritti in Telecommando, una canzone dautore dal sapore rock, dove il protagonista è luomo che rinuncia a vivere in prima persona la propria vita, vivendo quella riflessa nello schermo del televisore: è il rivoluzionario da divano col telecomando in mano.
Se Respira è un invito a combattere contro il malessere che si annida in noi stessi, cercando la forza per resistere dentro di noi, Resisto è un invito a reagire a ciò che ci circonda, e che non sempre è come vorremmo. Si percepisce in sottofondo in questi testi il malessere di vivere delluomo contemporaneo, raccontato anche in Qualcosa mi sfugge, malessere provocato dal passare del tempo e dallimpossibilità di afferrare tutto ciò che ci passa davanti. Ma quello che ci sfugge è soprattutto il senso del nostro essere qui, del nostro correre.
Da questo malessere nasce probabilmente il desiderio di eliminare tutto il superfluo, descritto in Comemammamihafatto, un invito ad eliminare non solo le cose superflue, ma anche le idee e le sovrastrutture che noi stessi ci costruiamo e in cui restiamo ingabbiati. Un testo che richiama a suo modo tematiche tipicamente gaberiane, approfondite in Tabularasa (Se potessi cancellare dalla mente tutto quello che non serve, avrei spazio per nuovi orizzonti, nuovissime filosofie). La domanda delle domande, che ci siamo venuti a fare qui?, ricorre infine apertamente in Passa il treno, un treno che raffigura linesorabilità del passare del tempo e limpossibilità di fermarlo, e nella conclusiva Briciole, la consapevolezza infine che non siamo niente (siamo polvere su una palla gigante, siamo briciole sulla tovaglia di Dio). Ancora una volta, qual è il senso del nostro essere qui? Forse porgersi questa domanda è lunica cosa che ci differenzia da quel nostro antenato primate che ci guarda pensieroso dalla copertina del disco.
Un lavoro importante, in cui alla profondità dei testi si accompagna una musica leggera, piacevole, che passa dagli accenti folk alla canzone dautore più classica, suonata con perizia da unottima band (Fabio Bertasa chitarre, Roberto Nicoli basso, Francesco Moro fisarmonica, Marco Cossali batteria e percussioni).
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