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R Recensione

6/10

Nevroshockingiochi

Scena 2

Attacco, Pseudosoggettiva, Totale. Per stessa ammissione del leader Alessandro Bracalente, la tripartizione che coinvolge la tracklist di “Scena 2”, secondo full length dei maceratesi Nevroshockingiochi (parte del capitolo precedente,l’autoprodotto “La Finzione Necessaria” del 2004, veniva poi recuperata nelle due versioni de “L’Imperfetto Storico”, nel 2009 e nel 2011), è stata modellata preminentemente dall’idea di sceneggiatura cinematografica. Dovessimo abbinare una pellicola agli incubi contorti, industriali, dadaisti di uno dei nomi più in vista della recente mista “Fonderie Jazzcore”, sceglieremmo probabilmente Dillinger è morto di Marco Ferreri: parte di quell’allucinazione sospesa ed iper(ir)realistica si rispecchia negli ampi monologhi teatrali, recitati febbricitanti e sillabati, crivellati a tratti di colpi – notevole il lavoro della sezione ritmica di Mauro Mezzabotta e Paolo Baioni – e a tratti cullati in una wave placida e levigata, tirata a lucido in un immobile, imperturbabile, inquietante scorrere.

Nasce un disco che, come il caposaldo di Ferreri, riesce difficile ad amarsi, quantomeno di pancia. La criptolalia di Bracalente è un blaterare astratto, a tratti sconclusionato, intellettualismo figlio delle maggiori avanguardie artistiche dell’ultimo secolo – dall’acmeismo in avanti, sono tutte presenti e metabolizzate – che rischia sempre di sfociare nel compiacimento e nella maniera (“Tempi Morti”, a tal proposito, è tanto disturbante quanto estenuante: una versione no wave del “Delìrium Còrdia” dei Fantômas). La freddezza asettica di molte costruzioni a-musicali si ripercuote sulla loro effettiva godibilità: il flusso di coscienza di “CiNECROnica”, diviso in scene ed attraversato dal ruggire ipnotico del didgeridoo di Riccardo Maccari, è solo lievemente increspato da un complesso arrangiamento post punk, mentre “L’Arte Del Poker” è un alienante spot commerciale imperniato su di un fastidiosissimo jingle sintetico, periodicamente distrutto da chitarre pesanti e lasciti noise.

Scena 2” ingrana la marcia giusta quando abbandona parte delle proprie, ambiziose velleità metartistiche e si riscopre, sopra a tutto, lavoro coprodotto – tra le altre – da Only Fucking Noise, Eclectic Polpo e Canalese Noise. Si riconferma brano cardine la già edita “Col-Lasso Di Tempo”, non a caso primo mattone della Pseudosoggettiva e bilancia dell’intera tracklist: un cicalare monocorde scomposto in unità ritmiche invadenti e pruriginose, suturate da un impasto grigiastro di chitarre. “Senza Lingua” e “RESET” sono turbini sonici su tempi dispari, i Contortions di James Chance spappolati da fucilate math-core e da granitici, cacofonici riff: sprazzi di sudore reale e non ricreato, reificato, digitalizzato a tavolino. Il cabaret nevrotico e miniaturizzato di “Piccoli Omicidi Fatti In Casa”, che in breve tempo deraglia in un uragano industrial-noise (i Cop Shoot Cop triturati dai My Disco, o i Dead C sfrondati da ogni lungaggine), e la patina luccicante che scintilla sul manifesto futurista di “La Regola Delle 3 "S" O Dello SBIANCAMENTO DELL'Anima”, una sbilenca poetica Faust’o su cui crollano pe(n)santemente scariche di doppia cassa, sono forse gli estremi migliori di tutto il disco.

Per un futuro, significativo salto di qualità, tenere a freno le gratuità estetizzanti ed esaltare, per converso, il rilevante peso specifico della musica in itself.

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