Sons Of Kemet
Your Queen Is A Reptile
Parliamo, ancora una volta, di jazz contemporaneo, partendo da uno dei suoi più considerevoli agitatori culturali. Se londata di nuova e considerevole popolarità che ha travolto le produzioni di genere ha raggiunto, nel corso di questo 2018 giunto ormai agli sgoccioli, picchi mai sfiorati in precedenza, gran merito va giustamente ascritto a una delle figure più giovani e dinamiche della sua (non più nuova) generazione, il trentaquattrenne sassofonista Shabaka Hutchings. Uno che, tanto per capirci, nel solo anno corrente ha piazzato partecipazioni di peso a destra e a manca, dagli austriaci Shake Stew ai Five Blocks dello storico batterista sudafricano Louis Moholo-Moholo, sino allo stellare Chicago Side che rifulge nel monstre Universal Beings del sodale Makaya McCraven. E poi il terzo lavoro lungo in studio dei Sons Of Kemet, sua creatura principale assieme a Melt Yourself Down e Shabaka And The Ancestors, un Your Queen Is A Reptile ( and thanks for all the fish) che ha fatto saltare sulla sedia orecchie, cuori e glutei dalle Ande agli Appennini.
Il disco, uscito a fine marzo e incensato (a ragione) un po ovunque, lo conoscerete già in molti, direttamente o indirettamente motivo per cui lanalisi, diversamente dal solito, ne prenderà in considerazione aspetti più generali. Ascoltandolo e riascoltandolo nel corso degli ultimi mesi mi sono chiesto quello che tutti in fondo si chiedono, ma che non si fidano ad esternare esplicitamente: perché questo dovrebbe essere il fenomeno mediatico dellanno, levento musicale che nessuno dovrebbe perdersi? Il fatto che sia un ottimo disco è una contingenza di per sé priva di significato: nessuno ha infatti più memoria del numero incalcolabile di capolavori affondati nelle sabbie mobili delloblio per una sterminata serie di motivi un errato tempismo comunicativo, il tiepido riscontro della critica, la difficoltà di far sentire la propria voce, chissà cosaltro. I Sons Of Kemet avevano già scritto e rilasciato due full length Burn del 2013 e Lest We Forget What We Came Here To Do del 2015, entrambi per Naim Jazz molto ben accolti da pubblico e addetti ai settori, ma non ancora dotati della forza necessaria per sfondare il muro di data overload tipico della nostra era e imporsi, con forza, sul gusto generalista della massa: cosa che, apparentemente, Your Queen Is A Reptile è stato in grado di fare, da subito. So what?
Senza alcuna pretesa di esaustività, possono essere suggeriti tre appunti. Il primo, basilare, è di visibilità: i Sons Of Kemet ora campeggiano nel catalogo Impulse!, unetichetta in cui storia e ricerca sintrecciano fra loro in modo quasi indissolubile. Il secondo, fondamentale, è di natura politica: politica in senso lato, sintende, arma identitaria (Hutchings ha origini barbadiane) contro settarismi e sovranismi particolari che dellesclusione e della marginalizzazione fanno i loro punti di forza (il riferimento sprezzante alla regina, che peraltro mai ha guardato alla Brexit negativamente, è esplicativo). In questo quadro acquistano ulteriore senso anche le dediche ad personam a figure femminili che hanno invece ricoperto un ruolo importante nella legittimazione del paradigma culturale afro-americano, siano esse reminiscenze private (My Queen Is Ada Eastman, un dub-jazz ritmatissimo impreziosito dallo spoken word del poeta Joshua Idehen, è dedicata alla nonna di Hutchings) o profili pubblici (lafrobeat a rotta di collo di My Queen Is Angela Davis, le articolate tessiture ethio-jazz di My Queen Is Yaa Asantewaa in memoria della madre regina ghanese che capeggiò la rivolta armata contro il colonialismo britannico). Terzo e ultimo, ma non per ultimo, il ricorso ad un crossover aggiornato alle istanze globali della contemporaneità, che innesti linguaggi esotici in palinsesti di comprovata tradizione storica: dalle sincopate cadenze della head di My Queen Is Albertina Sisulu (un jazzaeton tagliato su misura per lattivista sudafricana anti-Apartheid) alle scansioni hip hop su cui viene segmentata la lieve melodia di My Queen Is Anna Julia Cooper, fino al sangue bop che pulsa spedito nelle vene di My Queen Is Harriet Tubman e alle cullanti meditazioni astral-cool di My Queen Is Nanny Of The Maroons (con le tube a fare da bordone).
Disco trascinante ed innovativo assieme, non esente da difetti (durata eccessiva, tendenza allomogeneità e almeno un pezzo caciarone di troppo, My Queen Is Mamie Phipps Clark), ma proprio per questo ancora più puro, sincero e umano. Per chi cerca ancora di resistere come può, Your Queen Is A Reptile dà loccasione di farlo con un deciso sorriso sulle labbra.
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