OoopopoiooO
Elettromagnetismo e Libertà
Per qualche tempo, prima che tutto collassasse sotto il peso delle opime e monodimensionali figure del neo-indie, credevo possibile la realizzazione tricolore di un OuPoPo, un ouvroir de pop potentielle (giusto per scippare la citazione raffinata): lo spazio oltre lo specchio ustore della narrazione dominante in cui gli Amari di metà decennio 00, Mariposa, Music For Eleven Instruments e chissà chi altri dopo di loro si coalizzassero per proporre la loro idea di pop sbagliato (altra citazione, meno altolocata). La storia ha sentenziato diversamente: lItalia non ha mai avuto il suo OuPoPo. Ha, in compenso, ottenuto gli OoopopoiooO, duo di polistrumentisti ben poco raccomandabili (lo schopenhaueriano Vincenzo Vasi e la giovane Valeria Sturba) riuniti sotto la sacra egida non del subwoofer omalleyiano bensì del non meno temibile theremin, raison dêtre e strumento centrale del progetto.
Loccasione per regalare un seguito al divertente s/t desordio di quattro anni fa è presto detta: 2019 significa un secolo tondo dallinvenzione madre di Lev Sergeevič Termen, giubileo che pare inequivocabilmente meritevole di festeggiamenti (vedere lacclamato esordio narrativo dellirlandese Sean Michaels, da poco disponibile anche in italiano). Così nasce Elettromagnetismo e Libertà, a dispetto della formazione antiminimalista sia nelle premesse teoriche che nellimpostazione pratica basti enumerare ciò che finisce triturato nel mix: basso, percussioni di vario genere (scatole di cartone, giocattoli, cianfrusaglie, barattoli di tisane ), chitarre, ukulele, svariate tastiere serie e facete, violini elettrici ed acustici, monotron, un rosario elettronico (!), senza contare larmamentario supplementare dei non radi ospiti esterni. Si direbbe pompa orchestrale, anticonvenzionale in senso stallinghiano: e difatti il brano dapertura, Lo Sconosciuto, recuperato per loccasione da una sonorizzazione realizzata per The Unknown di Ted Browning, adotta un formato da minuetto čajkovskijano, riempiendolo di barocchi ghirigori onomatopeici e lacerazioni RIO per violino elettrico. Non ci vuole molto a capire che, delle convenzioni, gli OoopopoiooO collezioneranno solamente gli scalpi: quelle che saltano nellacid swing beefheartiano (con ghignosi inserti pseudo-operistici) della stralunata Il Topolino Va, nelle rime allelio che si susseguono in fast forward nello sbuffante trip hop di Dai Topich, nelle sinfonie dark ambient della kubrickiana Spacsio, nel folle crossover industrial-mystic di Rosafunky e nellintrecciarsi esicastico di registri vocali che trasforma il velenoso noir di OpoSong in un irriverente spiritual laico.
È un grande disco di pop sbagliato, Elettromagnetismo e Libertà. Che di tanto in tanto, comè inevitabile che sia, travalica dalla parte sbagliata il confine tra gioco arguto e rottura di palle (autoreferenziale la comparsata di Max Princigallo che recita una propria poesia sopra il ghost town blues di PerDono, passatista lautodefinita danza pellerossa in nientese di Toki) e che tuttavia, nonostante lalta posta in gioco, dimostra di non temere nulla e nessuno, arrivando ad un passo da un singolo perfetto (la fluida silhouette arty del girotondo di OOPArt potrebbe passare, in fondo, per una colta rivisitazione degli Animal Collective). Due i brani non autografi: oltre alla sbarazzina marcetta anarchica della title track, donata dal violoncellista americano Tristan Honsinger, spicca per la sua tragica attualità lestrosa interpretazione, tra Zappa e il Morricone da library, di uno dei pezzi più celebri e toccanti di Victor Jara (La Partida).
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