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R Recensione

7/10

Paolo Spaccamonti + Daniele Brusaschetto

Burnout (August Sessions)

Fabio, non so se conosci gli SPLAtterpinK. Sono passati alla storia per essere stati una delle prime formazioni jazzcore che l’Italia abbia mai avuto, roba che definire avanguardia nel nostro paesino di provinciali e bigotti è un eufemismo (ma nulla di realmente innovativo per chi negli stessi anni ascoltava Primus, Naked City e Blind Idiot God). Beh, insomma, qualche giorno fa è uscito il loro nuovo disco, “Mongoflashmob”, a tredici anni di distanza dal precedente “#1”. È una prova tonica e discreta, ma non è questo il punto. Mi ha colpito un aspetto della sua presentazione: il fatto che non abbia una presentazione. Questa, secondo i suoi artefici, è una scelta voluta e consapevole, per evitare di far defluire l’attenzione degli ascoltatori meno attenti verso gli aspetti accessori dei brani. Così mi sono chiesto: non è che in discoteca non ci sono mai andato per eccesso di descrizione? Non è che più che la cassa dritta e il florilegio di synth fu il mirabolante paventare di esperienze imprescindibili (altrui) a trattenermi dal lanciarmi a peso morto sul dancefloor? Per dirti: “È Da Tanto Che Non Balliamo” è un brano potenzialmente remixabilissimo, pronto per girare in loop e transustanziarsi in puro ritmo. Risucchi meccanici, feedback urticanti, scorticanti folate harsh: come degli Einstürzende Neubauten convertiti al kraut rock. Vuoi mettere l’effetto, in mano ad un Gui Boratto, nel tritacarne dei Fuck Buttons? A Daniele Brusaschetto, forse, non farebbe né caldo né freddo. Ma tu, tu che lo conosci, lo Spaccamonti che decantasti (-ammo), il sodale di Julia Kent e l’eroe dei due mondi (e della sei corde), come la prenderebbe?

Oddio, Gui Boratto sarebbe un po’ esagerato, ma la prima volta in cui ascoltai “Undici Pezzi Facili” dissi a Spaccamonti: “sarebbe figo proporre a qualcuno di remixarlo in chiave elettronica”. Lui rispose “Già fatto”, e mi fece ascoltare “Drones”, remixata in chiave dubstep dal produttore torinese Nhertz: una bomba. Poi fu la volta di “Tex” rivisitata da due genietti anch’essi torinesi attivi con il nome di Epitome. Insomma, tutto ciò che è struttura circolare, reiterata e sovrapposta si presta bene al remix “intelligente”. Devo avere anche un disco dei Mogwai a tema, da qualche parte. Comunque, Paolo Spaccamonti c’era già arrivato, e chissà che non sia questo il suo prossimo traguardo. Per ora prosegue con le collaborazioni e le contaminazioni, e questa con Daniele Brusaschetto (una serie di improvvisazioni catturate in una cassettina stampata in appena centoventi copie) è quasi ovvia: stesso retroterra cultural-geografico, stesso approccio “libero” nei confronti degli strumenti e della musica, stessa volontà di non ripetersi, di usare il proprio stile come avamposto creativo, di rendersi riconoscibili in contesti diversi. Il risultato è perfetto, sia nei momenti in cui osa (“Agosto”, “Take 1”), che in quelli in cui culla (delizioso quello “Spacchetto” appena squarciato dai feedback), dimostrando che i due hanno dalla loro una creatività tale da poter rendere interessanti anche i territori già ampiamente battuti del post rock. Il motivo di tanta grazia, però, devo ancora capirlo. Sarà quella Mole Antonelliana sullo sfondo della copertina?

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