Dream Theater
Awake
A seguito di un esordio con troppi virtuosismi fuori posto e di un capolavoro che di fuori posto non ne aveva alcuno, i Dream Theater giungono ad Awake (di ben 75 minuti). Questo terzo album non si limita però a tentar di replicare Images & Words, aggiunge anzi parecchie novità al repertorio.
Si parte in quarta con 6:00, uno dei loro brani più squisitamente intricati e geometrici. Apre le danze un Portnoy jazzeggiante, seguito da un Moore più freddo del solito e dagli altri musicisti, fino a un LaBrie decisamente incazzato. Colpisce labilità della band di snocciolare un po alla volta tutti i dettagli dellenigmatico brano, con una disinvoltura e precisione da far invidia a un orologio svizzero (6:00 on a Christmas morning, 6:00 on a Christmas morning). Da applausi. La scattante Caught In A Web, sebbene la sequenza dei ritornelli ricordi Pull Me Under, è un irresistibile esercizio heavy metal, anche se appesantito da un intermezzo non proprio entusiasmante.
La banale Innocence Faded sembra una caduta di stile, nonostante il finale pazzerello, ma poi i Nostri tornano a livelli altissimi con lo strumentale Erotomania. Trattasi di uno dei migliori episodi del metal strumentale anni 90, Erotomania stupisce per tutti i suoi sei minuti e mezzo grazie a uneccezionale struttura cangiante che ora incastra le partiture gelide e calcolatrici, ora dipinge emozionanti paesaggi sonori, ora sfoggia intelligenti virtuosismi di chitarra; al confronto Ytse Jam era (più o meno) un gioco da ragazzi. La band compone come una squadra di ragionieri, e questo è il loro miglior disegno tecnico. Pur posta a seguito di un tale uragano sonoro, Voices non è meno spettacolare, facendo leva su una magniloquenza crimsoniana e unottima prova vocale di LaBrie, per altri dieci emozionanti minuti. Lo scopo dellacustica Silent Man è semplicemente quello di smorzare la tensione accumulata nei due brani precedenti, ma pur nella sua umiltà funziona.
La successiva The Mirror è come tenebra dopo la luce, un brano possente che si fa strada su riff titanici e tastiere malvagie. Se nella opening track LaBrie era alterato qui sembra addiritura sbavare di rabbia (per i suoi standard sintende, mica quelli di un Jonathan Davis), ben in sintonia con latmosfera creatasi. Tinte oscure permeano anche Lie, altra ottima parata di trucchi Theateriani e meno lineare del precedente. Anche queste due canzoni rappresentano i Dream Theater al massimo della forma.
Lifting Shadows Off A Dream sarebbe una buona ballata se non fosse per quellorribile intermezzo a 3:33. Un ultimo tentativo di tour de force è rappresentato dai dieci minuti di Scarred. Il brano in questione si apre dolcemente, anche se in maniera un po confusa, per poi pian piano acquistare la coesione e il senso di un brano lungo; rimane comunque il dubbio che i brani estesi di I&W sembrassero più compiuti.
Finalmente si giunge alla conclusiva Space-Dye Vest, lultimo capolavoro dellalbum, lEsperimento di Kevin Moore. Space è esempio di come con tanta classe si possa passare da una semplice melodia pianistica a un tripudio di calde emozioni servendosi di voci, vari effetti di studio e di un LaBrie dal tono intimamente rilassato. È a tutti gli effetti la canzone che gli ultimi Pink Floyd non sono riusciti a scrivere.
Inutile sprecare lodi sullo shredding di Petrucci, sul batterismo mutevole ed eccelso di Portnoy (degno erede di Peart), sul genio esecutivo di Moore, che non eccede mai con le note, o su Myung al solito un po in ombra. Awake è anche la consacrazione di LaBrie, che per estensione e duttilità si conferma come vocalist tra i più sensazionali del metal. Nel complesso lalbum rappresenta un massiccio ampliamento dello spettro stilistico della band, pur contenendo un paio di tracce anonime; con laccortezza di saltarle la godibilità può essere molto alta. Awake è la seconda opera maggiore dei Dream Theater, nonché il loro album più coinvolgente (termine da estendersi anche al videoclip di Lie).
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